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In Breve

| 23 febbraio 2019, 10:31

Restauro: per Confartigianato una nicchia finalmente riconosciuta da valorizzare in Liguria

Il ministero per i Beni e le Attività culturali riconosce finalmente la qualifica. Grasso (Confartigianato): "Nostra vittoria dopo quasi 20 anni di battaglie".

Giancarlo Grasso

Giancarlo Grasso

In Liguria si contano 125 imprese specializzate nella conservazione e nel restauro di beni culturali nella regione. 81 a Genova, 25 nel savonese, 11a Imperia e 8 nello spezzino. In Italia le realtà del settore sono poco meno di 3.500 (fonte Ufficio studi Confartigianato su dati Infocamere, 2018).

In una visione di più ampio raggio, sono ben 23.815 le imprese liguri (e quasi 550 mila nel Paese) potenzialmente coinvolte nell'attività di protezione e recupero dei beni: oltre ai conservatori e ai restauratori, si contano anche elettricisti, idraulici e specialisti nella finitura di edifici.

Un'attività, quella legata alla conservazione dei beni culturali, prettamente artigiana: ben 19.983 di queste realtà imprenditoriali sono microimprese artigiane. Se ne contano oltre 10.200 a Genova, circa 3.500 a Imperia, quasi 2.000 alla Spezia e poco più di 4.200a Savona.

Sono questi i numeri presentati da Confartigianato Liguria in occasione della pubblicazione, da parte del ministero per i Beni e le Attività culturali, dell’elenco di oltre 6.000 restauratori abilitati alla professione tramite attività professionale oppure attraverso iter formativi. Si tratta di un risultato storico per la battaglia che Confartigianato Restauro conduce da quasi 20 anni per ottenere il formale riconoscimento della professionalità della categoria.

E oggi finalmente, dopo anni di attesa, incertezze giuridiche e ricorsi legali, le imprese artigiane possono, a pieno titolo, proporsi sul mercato con la qualifica riconosciuta ai sensi della legge: nelle gare d’appalto pubbliche si dovranno individuare gli operatori economici riconosciuti dalla normativa e quindi si dovrà attingere dai restauratori inseriti nell’elenco pubblicato dal ministero.

«Grazie alla nostra battaglia – commenta Giancarlo Grasso, presidente diConfartigianato Liguria – abbiamo evitato che si premiasse soltanto il titolo di studio delle scuole di alta formazione e abbiamo ottenuto che venisse considerata e riconosciuta anche l’attività svolta sul campo. Con la pubblicazione dell’elenco abbiamo ottenuto l’equiparazione delle botteghe storiche di tradizione al titolo acquisito con le scuole di alta formazione. E oggi finalmente gli elenchi saranno in mano alle soprintendenze, alle diocesi, cioè a chi dovrà far lavorare il restauratore su beni vincolati».

Ma ora Confartigianato Restauro continua la propria battaglia su molti fronti: la strutturazione dell’elenco dei restauratori, il soccorso istruttorio per l’integrazione dei settori di competenza, il ruolo del restauratore nella formazione, i finanziamenti per il restauro di ben i tutelati, l’estensione dell’art bonus ai beni ecclesiastici e la proposta di riduzione dell’Iva sui beni mobili pertinenziali, il ruolo del restauratore nei lavori affidati alla Protezione civile.

A fronte di questa ricchezza di patrimonio e competenze, gli ultimi dati Eurostat disponibili rilevano una spesa pubblica nazionale in attività culturali ferma allo 0,3% del Pil (sotto la media Ue). La dinamica della spesa per cultura e servizi ricreativi del settore pubblico allargata mostra un forte calo nel trimestre 2014-2016 rispetto a quello tra 2007 e2009 (dati Agenzia per la coesione territoriale, ultimi disponibili):-26,8% in Italia e addirittura -32,3% in Liguria.

Liguria che resta anche sotto la media italiana (-0,6%) e tra le ultime regioni in classifica(insieme a Toscana, Lazio e Umbria) per la dinamica della spesa in manutenzione di beni e immobili a valore culturale, storico e artistico(dati Ragioneria dello Stato, 2018). La nostra regione spicca però a livello nazionale per il valore relativo alla spesa pubblica comunale procapite per beni e attività culturali: 25,2 euro contro una media italiana di 18,7 euro (dati Istat).

«La conservazione e il restauro dei beni culturali rappresenta certamente un'attività di nicchia – osserva Grasso – Ma allo stesso tempo rileva un'altissima specializzazione, capace di coniugare tradizione, tecnica e innovazione, indispensabile per la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Proprio per questo complesso know how, dotato di una forte impronta artigiana, si tratta di un settore di eccellenza, che merita attenzione, energie e soprattutto investimenti per il proprio sviluppo.Senza contare il fatto che la cultura rappresenta un fattore chiave di attrazione turistica nel nostro Paese e nella nostra regione».

Comunicato Stampa

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