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In Breve

| 24 febbraio 2019, 10:00

"La stanza dell'aquila" online il capitolo 4 del noir scritto da Salvatore Grenci e ambientato al Parasio

Si, era pazzesco ma, forse, la soluzione dell’enigma stava dietro la porta di un alloggio in un palazzo d’epoca. Sul Parasio.

"La stanza dell'aquila" online il capitolo 4 del noir scritto da Salvatore Grenci e ambientato al Parasio

"La stanza dell'aquila" - capitolo 4

      

                                                                   VII

 

Il tredici  agosto 2002 la temperatura di  Imperia, alle dieci del mattino, raggiunse i trentadue gradi.

Enrico rincasò verso le undici, dopo aver fatto colazione al Bar  del Duomo ed aver acquistato una copia del Nice Matin.

Voleva  mettersi in contatto con Piero, ma quella  mattina si sentiva sfinito, incapace di qualsiasi altra azione che non avesse attinenza con i bisogni quotidiani.

Tradusse il titolo in prima pagina del quotidiano francese: “ Ancora mistero fitto sull’assassinio del professor Siri “. 

Benché avesse una curiosità fottuta di leggere l’articolo, era talmente stanco da non riuscire a tradurlo senza l’aiuto del vocabolario.

Gettò il quotidiano sul pavimento e si lasciò cadere sul divano.

Sopraffatto dalla stanchezza si addormentò quasi subito. 

Il suono poco armonico del campanello di casa lo fece sobbalzare; si accorse che il guanciale del divano era zuppo di sudore.

“Chi diavolo può essere”; si specchiò fugacemente: il suo aspetto era sgradevole. Si tolse la canottiera, aprì l’armadio e afferrò la prima  maglietta di cotone che gli capitò tra le mani.

 

-          Chi è ? – chiese mentre indossava l’indumento 

-          Il signor Mancinelli ? – una voce maschile

-          Si, chi è lei ?-

-          Senta, mi scusi se la importuno, ma il suo telefono è sempre occupato–

 

Afferrò il cordless: il tasto dell’accensione era aperto; spense il telefono e spiò l’occhio magico.  

 

-          Che cosa vuole ? –

-          Dovrei parlarle a proposito della signora Paula Milosz –

 

Notizie di Paula! Enrico aprì precipitosamente la porta di casa.

Gli apparve un uomo completamente calvo , camicia bianca e pantaloni beige, portava occhiali piccoli e tondi. Poteva avere una trentina d’anni.

La sua mano destra sosteneva una grossa cartella marrone, mentre la sinistra sorreggeva una ventiquattrore rigida, di colore verde .

 

-          Che cosa è successo a Paula ? – domandò allarmato 

-          Beh, innanzitutto sarà meglio che mi presenti : sono il dottor Oreste Vassalli e sono ..un magistrato milanese  . Per la precisione sono il Giudice incaricato alle indagini preliminari per il caso Milosz / Santinato –

 

Enrico scoppiò in una risata isterica. Il magistrato lo guardò con  un certo imbarazzo, mentre lui continuava a ridere fino a che le lacrime fecero capolino dagli occhi cerchiati per la stanchezza.

 

-          Se non si sente bene, posso tornare in un altro momento –

 

Enrico trattenne a stento i singulti ,  poi riuscì finalmente a ricomporsi. 

Il suo respiro tornò ad essere quasi regolare  e le gote , prima bluastre , assunsero nuovamente un colorito rassicurante.   

 

-          No, no , si accomodi –

-          Bene , avrei bisogno di poggiare questo sul tavolo –

 

Capì che la ventiquattrore verde era un computer portatile. Era ormai preparato ad aspettarsi di tutto , quindi, riconquistata faticosamente una buona dose di tranquillità, domandò  

 

-          In che cosa posso esserle utile, signor giudice ? –

-          Innanzitutto, offrendomi cortesemente un’intera bottiglia di acqua minerale fresca e non gassata …

 

Non c’ è che dire: gli uomini di Legge che aveva incontrato  fino a quel momento riuscivano a metterlo a proprio agio, a parte il francese dall’alito fetido. 

 

-          Le assicuro che essere svegliato nel cuore della notte dal Sostituto Procuratore, recarsi all’Istituto di Medicina Legale e, il mattino dopo, essere incaricato  di indagare su un caso di probabile omicidio.. e tutto questo alla vigilia delle ferie, non è affatto piacevole.

-          Omicidio ? -  

-          In che occasione ha conosciuto la signora Milosz ? –

 

gli stava tornando la forte emicrania della sera prima.

 

-          Senta, signor giudice, forse non lo crederà , ma sono talmente stanco da non riuscire a distinguere l’orifizio anale dalla bocca  quando devo pensare al mio nutrimento quotidiano; se lei fosse così cortese da informarmi sui fatti : di quale omicidio stiamo parlando ? e che cosa centra Paula ? –

 

Il magistrato si versò il terzo bicchiere d’acqua e bevve d’un fiato. Portò la mano alla bocca per abortire l’eruttazione.

 

-          Bene – disse infine – adesso le racconto. D’altronde , alla fine della nostra chiacchierata lei sarà persona informata sui fatti, come si dice in gergo –

 

Il magistrato aveva un modo di esprimersi  certamente originale .

 

-          Come ricorderà , il signor Giancarlo Santinato è deceduto il ventisette luglio  scorso sulla motonave “ Costa Allegra”; da quanto relazionato dal comandante , so che al momento del decesso lei, assieme ad altri croceristi, sostava nella sala da pranzo per la colazione –

-          Infatti – 

-          Da quanto sappiamo, signor Mancinelli, lei aveva fatto amicizia con la coppia … la testimonianza della signora …. –

 

Aprì la cartella marrone e prese alcuni fogli 

 

-          la signora Morena Curti ha dichiarato di aver avuto l’impressione che lei fosse particolarmente attratto dalla .. compagna del signor Santinato –

 

La signora dai “ fianchi generosi “. 

 

Enrico si massaggiò  dolcemente i bulbi oculari: il mal di testa stava diventando insopportabile.

 

-          Signor giudice, lei non mi ha ancora informato sui fatti – 

 

Vassalli prese un altro fascicolo dalla cartella .

 

-          Certo. Vede ,il medico di bordo , in un primo tempo, aveva accertato che la morte del Santinato era stata causata da arresto cardiaco. Una diagnosi generica, in verità. Successivamente ha fatto pervenire al patologo del Niguarda, suo amico personale, un elaborato dove esprimeva alcune .. perplessità .. –

 

Il giudice aprì il fascicolo 

     

-          Leggo testualmente “il soggetto, oltre a presentare sindrome da soffocamento e cianosi, è stato colpito da diarrea ematica, sintomo non compatibile con le acuzie d’angina “ –

 

Si tolse gli occhiali.  

 

-          Insomma, l’autopsia ha stabilito che il signor Santinato è morto per avvelenamento da arsenico … -

-          Che cosa !? – Enrico balzò in piedi , rovesciando la sedia. 

 

Il giudice gli fece cenno  di calmarsi .

 

-          Guardi , non è il caso ….. Io sono qua solo per avere delle informazioni: Avanti , si segga . –

 

Scorse velocemente alcuni fogli 

 

-          Il fatto inquietante – riprese – e che non si tratta di avvelenamento acuto : l’uomo è stato, come dire, avvelenato a poco , a poco. Per quanto ne sappiamo  negli ultimi due mesi ha regolarmente assunto – ovviamente a sua insaputa – piccole dosi di veleno …- 

 

Aveva la sensazione che un trattore stesse circumnavigando il suo cervello.

 

-          Intanto la signora Milosz ha fatto perdere le sue tracce.. lei ha idea  dove possa essere? –

-          Assolutamente, no! – 

 

Vassalli si appoggiò comodamente sullo schienale della sedia e giunse le mani sul grembo.   

 

-          Avanti, mi racconti tutto senza tralasciare niente. Come dicevo, lei è solo persona informata sui fatti, ma se desidera la presenza di un avvocato …..-

 

Enrico scosse la testa; poi, come un fiume in piena, raccontò del suo incontro con la coppia; la scoperta che Paula era  stata una sua amica d’infanzia ;la straordinaria attrazione che provava per lei; la sua fissazione…..

Raccontò del professor Siri; della sua morte …. 

 

Il magistrato chiuse il fascicolo.

 

-          Perché queste cose non le ha raccontate anche al commissario Dautierre ? –

 

Rimase a bocca aperta 

 

-          Dunque, lei sa … -

-          Certamente, ma , anche in questo caso, nulla  può eccepirsi nei suoi confronti . Diciamo che lei è come un fagiolo in una tazza di latte.-

 

Il magistrato pose tutti gli incartamenti all’interno della cartella , chiuse il computer , che peraltro non aveva neppure acceso , e si alzò . 

 

-          Naturalmente dovrò convocarla  a Milano per avere delle dichiarazioni ufficiali ; questo è stato solo un colloquio informale.. e grazie per l’acqua –  

 

                                                                  *******

 

 

In quale spaventoso ginepraio si era andato ad intruppare? Altro che misteri esoterici ! quella  donna era una pazza assassina ; doveva essere fermata e rinchiusa in un manicomio criminale.

“Ma chi cazzo crede di essere, Lucrezia Borgia ? o la saponificatrice di Correggio ? “.

 

Le bracciate erano potenti; stava nuotando , ormai, da più di dieci minuti quando ingollò un’abbondante sorso d’acqua salata.

Eruttò disgustato , poi, ansimante, si lasciò cullare dalle deboli onde salmastre.

Aveva raggiunto il faro del molo lungo e un senso di benessere lo pervase; di fronte a lui il Parasio . 

Raggiunse gli scogli, tuffò la testa sott’acqua per accertarsi che non vi fossero ricci, poi ,con l’aiuto delle braccia, sollevò agilmente il corpo.

Ispezionò l’adipe comprimendo il ventre delicatamente : in fine dei conti non aveva chissà quale pancia….

Paula …. Però poteva essere innocente. Di certo non era lei l’assassino del professor Siri: le modalità del delitto .. no, quello era un altro film, ne era sicuro. 

Che cosa vuoi ? Che cosa vuoi ?

Si, era pazzesco ma, forse, la soluzione dell’enigma stava dietro la porta di un alloggio in un palazzo d’epoca. Sul Parasio.

Si asciugo frettolosamente. Prese i bermuda e si accertò che nella tasca vi fosse ancora il  cellulare. Compose il numero di Piero. 

 

                                                                VIII

 

 

-          Umberto ! – gridò Piero, ridendo

-          Guarda che sei rimasto indietro : il bar ha cambiato tre gestioni dal 1984 –

 

Piero era di ottimo umore  e ordinò altri due martini

      

-          Ehi, dobbiamo stonarci prima di cena?  - domandò Enrico tra il serio ed il faceto.

-          Cosa vuoi che facciano altri due martini ! –

 

Il dehor del Bar del Duomo , già Caffè piemontese , era semivuoto . Solo una coppia di tedeschi parlottava discretamente.

Piero si voltò verso la scalinata della Strà .  

-          Ricordi ? – disse - là c’era la rivendita dove comprammo il primo pacchetto di tabacco da pipa –

-          Il Clan , se la memoria non mi inganna –

-          Già . Ricordo anche che proprio nei pressi del tabacchino ci fu quella rissa colossale tra Manuello e i questurini  - 

 

Manuello .. da quanto tempo Enrico non sentiva parlare di lui ? ormai erano passati diciannove anni dalla sua morte e pochi si ricordavano che, per il Parasio, era stata una leggenda .

Aveva una forza spaventosa ; qualcuno lo aveva soprannominato Jean Valjean.

Sarà stato alto  un metro e novanta ; più anziano di  cinque o sei anni rispetto a Enrico e a Piero, con i suoi  lineamenti regolari, gli occhi grigi ed i folti capelli bruni faceva sognare le ragazze .

Per i due amici, allora quindicenni,  rappresentava un modello da imitare, e non solo per loro.

“ Vado a correre attorno al duomo per venti volte come fa Manuello ! “ si giustificava , all’epoca, Antonio il quale , impegnato com’era nel mezzo fondo , non aveva certo il tempo di fermarsi davanti al bar  con gli amici, la domenica mattina. 

La sua generosità era proverbiale : una volta  riuscì a caricarsi sulle spalle Simone, il vecchio paraplegico; percorse tutta la Salita De Ferrari con l’anziano invalido a cavalcioni , e  ancora su , all’ultimo piano della vecchia casa dove Simone abitava . 

Non rifiutava mai un aiuto, o venti lire ai “ bambinetti “ - come soleva chiamare i ragazzini “ di primo pelo” – per una bibita o un ghiacciolo. 

Era uomo dai mille lavoretti : si improvvisava elettricista , meccanico, stagnino, imbianchino e , persino, cuoco.

“ E’ un ragazzo dalle mani d’oro “ soleva dire Palina ogni qualvolta Manuello riusciva riparare il vecchio frigorifero del suo negozietto di commestibili.  

Poi , improvvisamente , il sole si oscurò e la sua vita cambio radicalmente.

La causa , fu , a quanto pare, un banale incidente di campagna delle cui circostanze non è dato sapere e narrare. 

Fatto è che , alcuni giorni dopo , Manuello , in un occasionale incontro amoroso con una turista valdostana, si rese conto di non poter più …….   

Cominciò a bere.

La sua leggenda continuava, Solo che , in seguito, diventò famoso per gli atti inconsulti e audaci , per le provocazioni gratuite , per le risse dove , da solo , riusciva ad avere la meglio su quattro o cinque uomini.

Ciò che sconvolgeva di più, era il cambiamento. 

La circostanza può sembrare banale ; le sbornie hanno più o meno gli stessi effetti , sia sugli occasionali che sugli alcolizzati: c’è chi diventa noiosamente triste o chi piange a dirotto; chi vuole percorrere un tratto di statale con l’automobile , a marcia indietro; chi , più semplicemente , si addormenta . 

Ma per Manuello ,il cambiamento di cui si discute, era singolare: a volte repentino, a volte , invece, molto lento; con improvvisi ma fugaci ritorni allo “ stato di grazia”. 

     

Spesso i frequentatori del Bar Piemontese non riuscivano a capire in che stato fosse : se era Jekyll oppure Hyde. 

“ Umberto, un bicchiere di goccia d’oro “: la sua comanda faceva impallidire Umberto e preoccupare i giocatori di “ tresette”. Era solo l’inizio. Come sarebbe andata a finire la serata?

Comunque sia  , le azioni di Manuello sbronzo non erano solo pericolose  o , nel migliore dei casi , moleste. Erano azioni straordinarie , come quelle del Barone di Munchhausen.

Era come se pretendesse di essere annientato , ma alle sue condizioni, e nessuno era in grado di accontentarlo.

Cento volte aveva cercato la morte con atti folli ma eccezionali  contro la natura e gli uomini……….non c’ era mai riuscito. 

Un giorno d’estate, i ragazzi del Parasio videro la sua possente figura caracollare verso di loro che stavano prendendo il sole nei pressi del faro del molo lungo. 

Il molo lungo di Porto Maurizio, prima del suo ampliamento,    assomigliava ad una .. locomotiva. Era costituto da una parte inferiore, spaziosa ed asfaltata, ed una superiore , più  stretta , ma che consentiva , tuttavia, di passeggiare tranquillamente e godersi il panorama .

I ragazzi scendevano sugli scogli, camminavano a quattro zampe per oltrepassarli completamente senza prendere storte ed infine si tuffavano.

La serie di scogli, dalle parti del faro, anteriormente alle modifiche, era larga circa due metri e mezzo.  

Quel giorno Manuello, senza dire una parola e sotto gli occhi atterriti dei ragazzi, si appoggiò al muro della parte alta del molo.

Un attimo :  dopo una rapida corsa , staccò da terra dove finisce l’asfalto, oltrepassò a volo d’angelo gli scogli e piombò in acqua. Istanti che sembravano secoli. Poi Manuello  riemerse e salutò i ragazzi sbigottiti.

“ Come cazzo ha fatto ! “ aveva esclamato qualcuno, in quella occasione.

 

Una solare domenica di maggio del 1983, alle sette del mattino, Alfredo Bracco , Finanziere , notò dalla motonave di servizio un corpo sugli scogli del faro  : era Manuello.

Nessun trauma , frattura , spappolamento di organi interni fu rilevato dall’indagine autoptica sul cadavere ; la causa della morte fu stabilita per annegamento. 

Una morte onorevole.

Soprattutto aveva impedito che l’alcool gli divorasse il fegato o altri organi addominali e forse  si era fatto beffe di quei poeti , letterati e grandi condottieri  i quali, dopo una vita avventurosa e piena di eccessi , sono morti miseramente nel proprio letto , consunti dalla malattia. 

Manuello, invece,  c’è l’aveva fatta anche quella volta .

 

                                                         ******

 

Al quarto Martini , Enrico, finalmente , si decise a vuotare il sacco. 

 

-          Piero, sono in un casino mostruoso ! –

-          Che ti succede, vecchio mio ? 

 

Non sapeva bene come iniziare, d’altro canto gli esordi sono proverbialmente difficili. Nel caso, difficilissimi. 

Aveva ancora qualche remora. Piero lo avrebbe creduto ? O avrebbe pensato  che almeno una piccola parte della storia fosse stata infiocchettata a causa di un inspiegabile  attacco di mitomania. 

Piero si accorse del disagio del vecchio amico

 

-          Avanti campanaro numero uno !  sai bene che puoi dirmi e chiedermi tutto, a parte la moglie .. – 

 

Campanaro numero uno. La metafora fu creata nel 1967 dall’allenatore della rionale squadra di pallapugno  di cui Enrico rammentava solo  il soprannome , “Cecchina” .

Egli  agganciò furbescamente Enrico, Piero e Brunello nel Carruggio degli Ebrei ; “ fermi, dove andate ? venti lire a testa se mi aiutate a portare le sedie della società operaia dietro al Duomo per l’incontro di pallapugno”.

Al primo giro Piero portò tre sedie, Brunello due ed Enrico una.

“ Che campanari che siete ! non riuscite a portare quattro sedie : Tu sei il campanaro numero uno, Enrico ! “ 

Cecchina intendeva per campanaro un soggetto dedito ad onanismo  che, notoriamente,  illanguidisce  i muscoli. 

 

 

-          Credo di non avere tralasciato niente – Enrico ordinò il quinto martini. 

 

Il sorriso di Piero quasi lo commosse , significava conforto, garanzia , fiducia , sincerità…..

 

-          Si , è proprio un bel casino. Se non fosse perché sei tu a raccontare questa storia pazzesca , penserei ad un soggetto delle sorelle Giussani –

-          Chi ? –

-          Come chi ! quelle che hanno inventato Diabolik  - 

 

Lo sbuffo alcolico investì la Lacoste amaranto di Piero.

 

-          Ma che fai !?  – 

 

Enrico non riusciva a reprimere il riso ..e la tosse . 

    

-          scusami.. ma le cazzate che spari ! … -

 

Anche Piero cominciò a ridere, a crepapelle; in modo talmente indecoroso da sembrare una lavatrice al momento della centrifuga . 

 

-          te l’ ho detto che troppi martini .. –

-          vaffanculo , campanaro! – 

 

Piero si asciugò le lacrime con il tovagliolo di carta, ma continuava a ridere , anche se meno platealmente.  

-          Dimmi, sei certo che fosse Paoletta ? – 

-          Assolutamente, e  poi me lo ha detto lei … io non l’avevo riconosciuta –

-          Ed è diventata così bona ? -  

-          Già .. –

-          Devi stare attento, se la rivedi .. perché può finire l’effetto della pozione magica proprio mentre te la scopi e allora diventa brutta come Marnie Bannister , in arte Satanik ! -  

-          Aiuto  ! – 

Enrico non riusciva più a respirare dalle risate  e la centrifuga riprese ai livelli massimi di acuzia.  

     

                

                                          

  Fu Piero il primo a ritornare in se.

 

-          Senti, non è un battuta , però bisognerebbe leggerli spesso  i fumetti . Possono essere di aiuto  – 

-          Non capisco –

 

Piero  si accarezzò il mento  e le guance . I primi peli cominciavano a fare capolino, come ogni sera ; pensò che forse era venuto il momento di farsi la barba due volte al giorno.      

      

-          Vedi , sono arrivato quasi due settimane fa e questa e la seconda volta che sono testimone di fatti strani, con la differenza che stasera tu mi hai raccontato quest’incredibile vicenda … invece domenica scorsa Danilo Guidi mi ha fatto vedere  proprio qualcosa di incredibile –

-          Cioè? –

-          Un cofanetto pieno di monete d’oro –

-          Scherzi? –

-          Affatto .. non so perché  ma ho l’impressione che tra la tua vicenda e questo .. ritrovamento vi possa essere una relazione . 

-          Raccontami – 

-          Prima di tutto dimmi se hai bisogno di soldi, sei in grado di pagarti un buon avvocato nel caso…? 

-          Ma certo , e poi non sono indagato – 

 

Piero guardò il suo Lorenz Mocassino dodici rubini 

 

-          Facciamo una cosa : telefono a Danilo , così potrai toccare con mano …

-          Ma non credi che voglia mantenere un certo riserbo ? –

-          Ehi , professore ! sei Enrico del Parasio oppure  “ Lo Straniero Senza Nome” ? –

 

Riprese a ridere .    

                                                                                

                

 

                  

                                                                     IX 

 

 

Danilo Guidi, le braccia conserte, stava osservando quella specie di porta oggetti aperto sul tavolo.

Notò che anche nelle pareti interne  erano presenti chiazze verdognole e maleodoranti.

Tutto sommato, le monete non erano in gran quantità  . Ne aveva contato centoquarantasette . 

Molte erano in pessimo stato di conservazione .

 

La maggior parte  aveva  raffigurata, a fronte, un specie di corona d’alloro  , all’interno della quale, almeno in quelle che presentavano un stato di conservazione decente , si poteva leggere 40 Francs . 

Esternamente alla “ corona”, la  dicitura circolare Republique Francaise – AN 13.

 

A tergo , un profilo maschile  e sulla circonferenza  la didascalia Napoleon Empereur . 

Solo due erano diverse , purtroppo le peggiori . Infatti  la superficie era praticamente indecifrabile , però erano più grandi delle altre ed in una , sulla circonferenza ,era evidente la scritta : L’Italie Delivr… Marengo. 

Danilo era contento che Piero avesse raccontato tutto ad Enrico. 

La confusione mentale  generata dall’insolito ritrovamento lo stava disturbando : né lui , né suo cognato sapevano come comportarsi e certo il consiglio di un caro amico ben poteva essere utile ; soprattutto avrebbe suggerito una maggiore ponderazione a Marietto , per evitare che quel “ cagafuoco” si recasse dal primo inadeguato pinco pallino per farsi stimare il valore del “tesoro” e magari venderlo per pochi euro. 

Tutta la faccenda era apparentemente senza senso. 

Quella mattina , lui e Mario avevano ripescato il coso . Certo. Ma da dove veniva? 

Si poteva congetturare che il vascello fantasma , in giro per i sette mari da  cinquecento anni, fosse passato da quelle parti…. E poi tutti quei pesci morti.

“ La strana moria di pesci alle ratteghe ; un fenomeno circoscritto  ma inquietante: chi ha scaricato veleni alla foce? “ 

No. Decisamente l’articolo del Secolo XIX non poteva convincere . C’era qualcos’altro. Quegli scampoli di terreno muschioso ; era come se qualcuno avesse ritagliato lembi di prato per poi gettarli in acqua. 

 

Era convinto che Enrico avrebbe trovato la soluzione, o quantomeno suggerito le azioni  più equilibrate.

Il “ professorino “ , come lo chiamava, aveva saputo incutergli fiducia  dai tempi del “ grande furto”.

 

Un uggioso pomeriggio di ottobre del 1968 , una colorita banda di ragazzini tra i dodici ed i quattordici anni discese via San Maurizio con  l’intenzione di recarsi alla  cartoleria di via Venti Settembre per acquistare il nuovo diario della Mondadori che si diceva fosse riccamente illustrato . 

Addirittura , chi aveva avuto modo di prenderne visione, giurava di avere visto, tra le pagine , la fotografia di Mary Quant in minigonna, quella   relativa alla papera di quel pirla del portiere  Sarti durante la partita Mantova – Inter , persa dai meneghini per uno a zero e che valse alla Juventus il suo tredicesimo scudetto il primo giugno 1967 (“ il giorno della vendetta” soleva dire Danilo) e di due atleti di colore che avevano alzato il pugno chiuso  coperto da un guanto nero durante la premiazione dei cento metri piani , alle olimpiadi .

         

L’anno scolastico era iniziato da più di due settimane e  a parte Leonardo che doveva ripetere per la seconda volta il primo anno delle medie , tutti gli altri erano di ottimo umore.

Piero non c’era; per lui l’avventura scolastica poteva dirsi conclusa : in quel momento stava lavorando come barista avventizio al Caffè Vittoria. 

Brunello si era scofanato più di tre etti di giuggiole  e, ogni tanto , folate maleodoranti oltraggiavano le narici di chi gli stava dietro. 

L’attenzione di Antonio fu attratta da un manifesto fissato alla vetrina della cartoleria con dello scotch.

Era una fotografia in bianco e nero : un capellone introduceva  una margherita nel fucile di un poliziotto .

 

 

-          Tu sai cosa c’è scritto ? – chiese Antonio 

-          Significa “ Immaginazione al potere “  - rispose Danilo 

-          E cosa vuol dire ? –

-          Te lo detto , immaginazione al potere –

-          Questo l’ ho capito ! ma cosa significa ,in pratica ? –

-          Secondo me significa che questo ragazzo si è stufato di fare sempre le stesse cose che gli dicono fare e  vuole  un capo che inventi qualcosa di nuovo – intervenne Enrico  

-          Per questo  mette un fiore nel fucile del marziano ? –

-          Si, credo che voglia dire “ sparate fiori invece di proiettili “ – 

-          Come la canzone dei Giganti ! –

-          Più o meno … -      

 

Danilo osservò compiaciuto  Enrico; le sue spiegazioni erano sempre appropriate. Per questo aveva fiducia in lui e a lui si era rivolto  due mesi prima quando , terrorizzato, si era accorto che le sue labbra  erano gonfie come due copertoni  dopo che aveva baciato la figlia  della torinese che si diceva facesse la prostituta .

Aveva paura della sifilide.

Enrico gli spiegò di avere letto da qualche parte che questa malattia si poteva trasmettere esclusivamente con un rapporto sessuale completo; alla domanda di Danilo su cosa significasse rapporto sessuale completo aveva risposto , sottovoce ma sillabando le parole    “ glielo devi mettere dentro “; aggiunse , in quell’occasione, che la storia  dell’infezione contratta attraverso un bicchiere usato, o un semplice  bacio , era stata  inventata molti anni prima dai frequentatori dei casini per ingannare le proprie mogli.

Non riuscì a comprendere per quale strano sortilegio, dopo la tranquillizzante spiegazione, le sue labbra  si sgonfiarono rapidamente 

 

    

-          Finiti ! – l’accento romano della libraia sembrava tradire  un certo compiacimento .

-          Come !? –

-          Ho finito i diari, vi ho detto , provate la settimana prossima –

-          Ma porco belino ! –

-          Parla bene , maleducato ! –

 

 

Il buon umore era scomparso; con le mani in tasca e la testa bassa  stavano risalendo via San Maurizio quando Antonio tornò indietro e  svoltò celermente verso il semaforo di via Cascione.

 

-          Dove  stai andando ? –

-          Da Rinuccio, a sentire i dischi –

-          Aspetta , veniamo anche noi – 

 

 

Rinuccio aveva , ed ha tuttora ,un negozio di articoli musicali proprio all’inizio della scalinata che conduce alla marina di Porto Maurizio ed era una persona moto gentile . 

Infatti , alla solita richiesta , “ posso sentire questo  ? “ , bonariamente toglieva il “ quarantacinque “ di vinile  dalla custodia e lo inseriva nel vecchio mangiadischi che teneva a portata di mano proprio per questo motivo .

Tanto , pensava, quei marmocchi non avrebbero comperato mai nulla , però le note della canzone potevano attirare qualche cliente come si deve. 

Quando i cinque amici entrarono nel negozio, l’ultima dei Pooh , Piccola Katy  occupava  temporaneamente il vecchio mangiadischi  . 

All’esterno, poco distante dall’ingresso , Rinuccio era impegnato in una discussione con la pasticciera dirimpetto concernente la scarsa illuminazione della zona .

 

Il negozio era molto piccolo . La zona calpestabile poteva essere di circa dieci metri quadrati ed era circondata dagli scaffali dei dischi, così ordinati : 45 giri italiani ; 33 giri italiani ; 45 giri stranieri ; 33 giri stranieri ; musica classica 33 ; le commedie di Govi ; Zecchino D’Oro.

 

Probabilmente l’odio malcelato  che Leonardo nutriva per i Pooh e la loro noiosissima cantilena , accentuato dalla  delusione per non aver trovato  una copia del diario che si era ripromesso di comperare mettendo da parte ben centoquaranta lire , fu la causa scatenante del  suo sciagurato comportamento.

 

Rinetto si era allontanato ancora. 

Adesso era in procinto di entrare nella pasticceria. 

Voleva verificare se la perdita d’acqua lamentata dalla signora Elisa poteva essere in qualche modo collegata con l’improvvisa rottura dello scarico del suo lavabo.

 

Leonardo  stava ammirando la veste grafica della copertina di Lady Madonna ed aveva una voglia matta di ascoltare i Beatles, ma la cantilena dei Pooh non finiva mai . 

Un attimo : Abbassò lo zip del giubbotto di similpelle , sistemò il 45 di vinile  sotto la maglia e richiuse la lampo.  

Accanto a lui , Antonio  se nei accorse ; prima spalancò la bocca per la meraviglia , poi sorrise diabolicamente. 

E bene mettere in evidenza , in ordine alle note caratteriali dei ragazzi del Parasio, che Leonardo stava ad un fioretto come Antonio  ad una scimitarra. 

Infatti , quando decideva di raggiungere un obiettivo non andava tanto per il sottile e tale obiettivo non era mai ….. mirato. 

Afferrò , di conseguenza , un mazzo di circa dieci quarantacinque giri e senza verificare se rispondessero ai propri gusti musicali  li fece sparire sotto la maglia .

Antonio contagiò rapidamente tutti gli altri : mazzi di dischi afferrati senza nessun criterio sparirono sotto i maglioni o i giubbotti . 

 

Enrico fu l’ultimo ad adeguarsi .

Quando uscirono dal piccolo negozio erano gonfi come otri e camminavano in modo buffo sostenendo la parte inferiore dell’addome. 

 

-          Ciao , Rinuccio –

-          Ciao  Ragazzi , non volete sentire l’ultima dei Rolling Stones ? – 

-          Un’altra volta, dobbiamo andare a fare i compiti. –

 

Si guardarono disorientati.  

Solo adesso che avevano  effettuato una prima sommaria verifica del bottino, si resero conto della gravità dell’accaduto.

Sotto Tina , infatti , ordinarono i dischi . 

Gli articoli erano stati così divisi :

 

 

Riccardo Del Turco : Luglio – n. 4 copie 

The Beatles : Lady Madonna – n. 1 copia

I Nomadi: Noi Non Ci Saremo - n. 7 copie 

Adriano Celentano : Azzurro – n. 8 copie 

I Camaleonti : Viso D’angelo – n. 11 copie 

Gianni Morandi : Se Perdo Anche Te – n. 3 copie 

Neil Sedaka : Oh Carol ! – n. 9 copie 

 

 

Los Marcellos Ferial : La Casa Del Sole  - n. 10 copie 

  - n. 7 copie 

 

Luciano Tajoli – Serenata Per Dodici Bionde – n. 20 copie 

Claudio Villa – Non Pensare A Me – n. 12 copie .

 

Per un totale di  centotrentadue dischi rubati.

 

-          Qua finiamo tutti in galera ! – esclamò Danilo – troppa roba , figuriamoci se Rinuccio non se ne accorge -

-          Beh, intanto dividiamo – suggerì Antonio –

-          Ma sei scemo ! – proruppe Leonardo – io quella roba non la voglio.

 

La faccenda stava diventando maledettamente complicata. Nessuno voleva la sua parte, né  l’incombenza di nascondere l’intero malloppo in attesa di tempi migliori.

Finalmente Enrico trovò la soluzione. L’unica possibile.

Si era ricordato di quel film trasmesso sul primo canale che suo padre gli aveva concesso di vedere perché era sabato sera e poteva restare davanti alla televisione , dopo carosello.

Il titolo era “Audace Colpo Dei Soliti Ignoti “ ed era la storia di cinque cialtroni di periferia che organizzano un colpo ai danni del totocalcio; la rapina riesce , ma poi la gestione del maltolto si rivela difficilissima ed essi , spaventati, abbandonano la valigia contenente ottanta milioni sulla panchina di un giardino pubblico dopo aver fatto una telefonata anonima al commissariato più vicino.

-          Okay – disse finalmente Enrico – restituiamo tutto –

-          Tu sei matto ! non cambia niente .. siamo dei ladri ! –

-          Rinuccio non se ne accorgerà –

 

Enrico era un ragazzo dotato di straordinaria capacità deduttiva . Riusciva a capire se il comportamento di una persona aveva carattere occasionale oppure rivelava un suo modo di essere. 

All’inizio dell’estate suo padre volle accompagnarlo alla spiaggia d’oro per il primo bagno della stagione .

Quando passarono davanti al negozio di Rinuccio, questi sostava  sull’uscio, come al solito..

 

 

-          signor Mancinelli ! ha visto che brutto incidente è capitato a quel ciclista .. –

 

Si riferiva ad un corridore dilettante che il giorno prima, al semaforo di Piazza Marconi , per evitare un bambino sbucato improvvisamente da chissà dove , era rovinato sui vasi di terracotta della fioraia.

A parte una distorsione all’avambraccio ed una sbucciatura al ginocchio , null’altro da segnalare.

Ciò non di meno, Enrico stimò che il resoconto testimoniale di Rinuccio era durato la bellezza di tre quarti d’ora circa.   

Figuriamoci la verifica di una perdita d’acqua .

 

 

-          datemi i dischi, ci penso io – disse con una certa  autorevolezza.

 

Da Pallina si procurò un sacchetto di plastica con la scritta “ Scuola Radio Elettra di Torino “ , vi avvolse lo scottante fardello e si avviò.

Come aveva previsto, Rinuccio era sempre all’interno della pasticceria e gesticolava  furiosamente .

Senza perderlo d’occhio, aspettò con una certa apprensione che una coppia di ragazzi si allontanasse dalla vetrina del negozio musicale, quindi entrò velocemente, liberò i dischi dall’involucro e li sistemò a piccoli mazzi negli scaffali . 

 

 

 

-          Tutto bene ? – Leonardo gli venne incontro

-          Certo –

-          E li hai rimessi tutti a posto ? –

-          Ti ho detto di si ! –

-          Però , almeno Lady Madonna potevi tenerlo ! –

-          Ma vai a fan… -   

 

                                                        ****  

 

 

 

 

-          Hai fatto bene . Per adesso la faccenda delle monete d’oro è meglio non considerarla- 

-          Spero che Danilo abbia compreso … - Enrico si accese una sigaretta . 

-          Potresti non fumare in macchina ? Kristine va su tutte le furie  -

 

Fece scorrere il finestrino e gettò il mozzicone. Con la coda dell’occhio Piero notò un pizzico di cenere sul sedile di pelle del passeggero; si affrettò  a spolverarlo con la destra.

Non aveva perso l’abitudine di dare il giusto valore alle cose; non era certo un fanatico del possesso   . Anche una Mercedes 280 SL era una cosa , di questo si rendeva conto benissimo. 

Si poteva sopravvivere senza la fuoriserie . 

Sia detto senza retorica, ma non aveva certo dimenticato i sacrifici fatti per acquistare la sua prima motocicletta : un Morini cinquanta rosso , usato . 

Non passava giorno che non la lustrasse per ore , in maniera maniacale; in tutte le sue parti, compresa la testata , la marmitta e persino il cavalletto. 

Alla fine di tale quotidiana operazione, il Morini  rosso Ferrari fiammeggiava al sole del pomeriggio estivo e Piero, sudato e soddisfatto, scherzosamente si copriva gli occhi per evitare di rimanere abbacinato. 

Considerava un privilegio essere il migliore amico di Mancinelli.

L’ammirazione che nutriva nei suoi confronti era senza riserve ,sin da quando , al campetto, nei lunghi pomeriggi estivi, Enrico era solito narrare l’ultimo romanzo di fantascienza che aveva letto. 

Piero lo ascoltava a bocca aperta ed era l’unico della singolare platea di ascoltatori che alla fine del racconto  ponesse una sfilza di domande di estremo interesse: “ Che differenza c’è tra una nana bianca ed una gigante rossa ; cosa significa implosione …. “

Piero si rendeva conto che la sua meta non era certo il diploma o la laurea . 

Sembrava  che volesse apprendere il più in fretta possibile qualsiasi concetto, principio,nozione , anche se elementare, in ogni campo dello scibile.. ed Enrico era la persona giusta a tal fine.

D’altronde, Mancinelli lo considerava ragazzo dall’intelligenza superiore alla media e la sua adolescenziale intuizione sarebbe stata   confermata negli anni a venire. 

Piero , quarantanove  anni  compiuti, parlava perfettamente, oltre l’olandese ed il fiammingo , l’inglese ed il francese ; Aveva seguito corsi di “Haute Cuisine “ in Francia ed in Italia ; sapeva giocare a scacchi; dimostrava di essere aggiornato sulla situazione militare e politica nella striscia di Gaza ed in Cecenia…..

L’anno prima aveva lasciato di stucco Enrico quando rivelò , dopo aver premesso che lui di libri ne masticava pochi, di essere rimasto profondante colpito dalla lettura di un’opera di Schopenauer : “ Il mondo come volontà e rappresentazione “ . 

Da Diabolik a Schopenauer , passando per un cucina …

Piero Lercari , titolo di studio : licenza elementare ; ulteriori titoli : secondo anno di scuola media inferiore … non portato a compimento .  

 

 

-          Ieri sera , ripensando a quello che ti è successo, Ho navigato su Internet. Sai  che gli schizofrenici confondono la realtà con la fantasia ? cioè.. ,se ho ben capito, credono di vedere cose  che in realtà non esistono , oppure si convincono che   una persona possa essere molto pericolosa quando , al contrario , è innocua. Insomma, Paula potrebbe avere questa malattia… - 

-          Non è così semplice, Piero. Ammettiamo pure che Paula abbia avvelenato il barilotto perché credeva che fosse un alieno,  Giulio Cesare o .. che ne so … ma non può aver ucciso il professor Siri; come diavolo fa una donna come lei a partire improvvisamente per Nizza , magari dopo aver assistito alla sepoltura del suo compagno, uccidere un uomo , buttare tutto all’aria, addirittura trascinare rabbiosamente una pesantissima libreria in mezzo alla stanza  e poi dileguarsi. No…. Non è possibile –

-          Beh,  è noto che anche le donne, se colte da raptus, possono manifestare una forza straordinaria – 

-          Ma no ! e poi , per quale motivo avrebbero dovuto ucciderlo ? –

-          Appunto perché ha le rotelle fuori posto , magari lo credeva un “ venusiano “ –

-          Senti , il documento che Paula ha fatto pervenire a Siri e che lui mi doveva consegnare proprio quel giorno, è autentico.. capisci ? autentico, scritto di proprio pugno dal dottor Francesco Antommarchi. E allora ? cos’è una cospirazione di alieni ?! –

-          Come ne “ L’invasione degli Ultracorpi “ ! –

-          Non fare lo scemo, per favore –

-          Ma dai, rilassati – 

-          Okay, ma tu stesso hai detto che ci può essere , addirittura, una relazione con  quel .. tesoro ritrovato da  Marietto  e Danilo. Hai visto anche tu cosa c’era scritto sulle monete : Napoleon Empereur .. ma ti rendi conto !- 

 

Piero abbandonò il solito tono affabile e canzonatorio. Divenne improvvisamente serio e per qualche minuto restò in silenzio. 

All’incrocio del “ Prino “ , svoltò a destra , sull’Aurelia. 

 

 

-          Devo fare benzina – disse infine  

 

Si fermarono al distributore  della Foce, di fronte alla Chiesa dei Cappuccini ;  in alto, le Logge di Santa Chiara , Palazzo Lavagna e l’oratorio di San Pietro .  La raffigurazione lirica di Vincenzo Cardarelli  era  inappuntabile : “ O Chiese di Liguria , come navi pronte ad esser varate….. “. 

Volse  lo sguardo verso l’ erogatore della benzina.

Enrico era ipnotizzato dalle cifre che scorrevano velocemente ; sopra l’importo da pagare , sotto i litri . Euro … litri …euro.. litri …

 

 

-          C’è un’altra cosa che mi sconvolge – 

-          Cioè? – 

-          E’ difficile da credere, ma sia il poliziotto francese che il giudice di Milano , hanno tenuto un comportamento anomalo nei miei confronti –

-          Cosa intendi per anomalo ? – 

-          Beh .. intanto  non capisco per quale motivo il Commissario Dautierre mi ha rilasciato subito pur avvertendomi che non avrei potuto lasciare il suolo francese , consigliandomi bonariamente di restare “ fuori da questa storia “ e poi.. quel giudice … hai mai sentito  di un magistrato incaricato alle indagini preliminari che si reca direttamente a casa di un indagato… no, meglio: di una persona il cui ruolo risulta quanto meno poco chiaro , per informarla sui fatti , non stila nessun verbale pur avendo portato con se la documentazione idonea e un computer ed infine se ne va come se niente fosse avvertendo che , se il caso, questa persona sarà , a suo tempo, convocata in Tribunale ? – 

-          Ma il “ Francese”   ti aveva detto che non potevi esser tu l’assassino di Siri perché i tempi non tornavano, o mi sbaglio  ? –

-          Certo, ma sono pur sempre quello che ha trovato il cadavere , e poi c’è una frase del giudice Vassalli che mi ha inquietato … -

-          Quale frase ? –

-          Mi ha detto “ lei è come un fagiolo in una tazza di latte “ –

-          Vuoi forse farmi credere che questi personaggi non sono quello che dicono di essere ? – 

-          No, non dico questo, ma ho il forte sospetto … -

 

Enrico si interruppe : il benzinaio aveva terminato  . 

   

-          A posto , è pieno – disse .

 

Euro … litri. 

 

 

-          Ho il forte sospetto che sia in corso un’altra inchiesta che , come dire, si svolge parallela alle indagini su Paula e su questi singolari omicidi -  

 

Guardò ancora il promontorio del Parasio 

 

-          Ammettiamo   per un attimo che Paula , l’avvelenamento di Santinato , l’assassinio del professor Siri siano per qualcuno  elementi di disturbo imprevisti ; un paradosso, una antinomia  o, se vogliamo edulcorare , un contrattempo rognoso che deve essere capito e risolto nel più breve tempo possibile …. 

-          Non ti segue – lo interruppe Piero 

 

Enrico gli agitò l’indice sulla faccia

 

       -  E’ qualcosa di molto grosso , amico mio … di molto importante  -             

      

 

          

         

                

                                                               

                

                      

                                                                           

                                                       XII       

                                                                                                

Per la prima volta, dall’inizio dell’estate , era  riuscito ad abbronzarsi un po’ , benché il sole gli creasse un certo disagio . Sudava come un vitello e non solo per la calura insopportabile. 

Un fastidioso senso di oppressione al petto gli impediva di rilassarsi totalmente come avrebbe desiderato. 

Si stava buscando un esaurimento nervoso con i controfiocchi. 

Toccò l’asciugamano umida nel punto in cui era gonfia e dura.

 “ Questo scoglio è scomodissimo” pensò . 

Sollevò il corpo facendo leva sulle braccia ed un secondo dopo nuotava vigorosamente verso la boa . 

Amelia si era alzata e, coprendosi la fronte con la mano, lo stava osservando compiaciuta.

Enrico tornò verso gli scogli delle “ ratteghe”; riusciva ancora a risalire con sufficiente agilità.

 

-          Abbiamo messo su un po’ di pancetta  - 

 

Osservò il corpo di Amelia : era una donna piacente; il sorriso era sempre quello di venticinque anni prima. La  montatura degli occhiali ,di colore nero, non le appesantiva più di tanto i lineamenti. 

Unica nota stonata .. una certa rugosità delle guance , ricordo dell’acne giovanile. 

 

-          Com’è la versione aggiornata ? un euro per i tuoi pensieri –  

 

Si sedette accanto a lei 

 

-          Sono contento di rivederti – 

-          Davvero ? – in un improvviso impulso di tenerezza, gli accarezzò la guancia .

 

Rivolse lo sguardo verso il terrazzino del tiro a piattello; non era infastidito dalle avances di Amelia, anzi . 

 

 

-          C’è un’altra ? –  

 

Il tono della domanda rivelava una certa apprensione; imbarazzato, Enrico cambiò discorso. 

 

 

 

-          Non ho mai conosciuto tuo figlio –

-          Oh ! non ti sei perso niente; la settimana scorsa l’ ho scoperto che si faceva una canna, nel bagno . Quindici anni, pensa ! e suo padre se ne sbatte, da quando abbiamo divorziato, cinque anni fa, avrà visto suo figlio si e no una decina di volte -  

 

Si tolse gli occhiali e  asciugò la fronte sudata ; una fastidiosa sensazione di tristezza e di rassegnazione  la rese di umore cupo, ma solo per un attimo.

Enrico aveva la testa altrove. Si, non potevano esserci dubbi : c’era un’altra .

Tuttavia era felice di rivederlo , così come era entusiasta di incontrare tutta la banda quella sera , nella campagna di Danilo.            

 

-          Scommetto che è stato Piero  ad organizzare la rimpatriata –

-          Sai com’è , i suoi ordini non si discutono  -  

 

Si inginocchiò , fissandolo dritto negli occhi 

 

-          Dimmi, è bella ?… magari anche intelligente.. –

-          Ma chi ? –  

 

Si stava alzando il vento ; Amelia respirò a pieni polmoni ma non riconobbe l’odore salmastro della sua infanzia, quando scendeva da Piazza Pagliari  alla Spiaggia D’Oro.

Il profumo , appena riconoscibile prima di attraversare l’Aurelia, diventava sempre più forte  e sprigionava la sua esuberanza in Piazza Sant’Antonio, dietro la spiaggia che ancora non si vedeva.

Le voci ovattate  dal piacevole sciacquio delle onde che si andavano ad infrangere sul bagnasciuga ,erano l’ultimo inequivocabile segnale .

Amava Porto Maurizio. Proprio in quel preciso istante decise che sarebbe ritornata  , e per sempre. 

   

                                                          *****  

Anche Kristine aveva imparato ad amare Porto Maurizio ; in principio dai resoconti di Piero,    che alternavano ragguagli geografici a vicende umane. 

Quando vide il Parasio per la prima volta , ne rimase entusiasta . Certo, non era il favoloso regno di  Shan- Grillà , ma l’umanità piena degli amici di suo marito la impressionava piacevolmente; era elettrizzata quando , per la prima volta, varcò Porta Martina , al Carruggio degli Ebrei. 

“ Questo è il garage di Brunello ? “ chiese a Piero  che annuì soddisfatto : Kristine  era stata attenta alle sue narrazioni. 

 

Soprattutto non riuscì a nascondere una certa  meraviglia  per come riuscivano a considerare tutt’ora  leggendarie le loro passate esperienze adolescenziali , senza  disincanto. 

  

Non  il classico “ ti ricordi “ nostalgico e immensamente noioso delle “cene di classe “ e neppure un ritorno al “ gioco “ a cui i cinquantenni  si rivolgono periodicamente per combattere lo stress, certo non quelli che si avvicinano a grandi passi all’età pensionabile e sono ancora in cerca di occupazione stabile, o i licenziati di Melfi.        

 

Era come se tornassero fisicamente adolescenti . “ Per quale magia  ? “  si chiedeva Kristine     

 

Solo Enrico era diverso.  

Piero le  aveva confidato che il suo più caro amico , per un lungo periodo di tempo , non si era fatto più vedere sul Parasio. 

La notizia della scomparsa era giunta a Piero  in Olanda ,dove, da più di due anni, lavorava come cameriere in un ristorante di Eindhoven .

 

Successe quando trasferirono la sede del gruppo extra- parlamentare a  cui Enrico aderiva da qualche anno, a Oneglia.

Lo rivide  alla fine del 1977.

Ebbe l’impressione che fosse tremendamente invecchiato, benché avesse solo vent’uno  anni. 

Rimase stupito ed amareggiato quando , al suo invito :” ci vediamo stasera, con gli altri ? “, si sentì rispondere che lui non aveva tempo per queste “ cazzate “ , e che “ c’erano cose più importanti da fare “.

Un periodo difficile per Enrico, ma lo superò e ritornò sul Parasio. A casa sua. 

 

 

                                                          ******

 

 

Danilo aveva imbandito il vecchio tavolo proprio in mezzo alla vigna ; stavano lavorando di mandibole sulle costine croccanti e perfettamente dorate dalla brace.

Quella sera , per la prima volta dall’arrivo di Piero, tutti apparivano rilassati e sereni , poi Brunello accennò alla “ Grotta Del Pescecane “. 

 

-          Come hai detto , scusa ? – Enrico lasciò cadere nel piatto la costina che stava spolpando con cura.

-          Beh , ho detto di avere infiocinato i saraghi questa  mattina .. – Brunello era sorpreso dalla reazione del suo amico

-          No, no . Il luogo : dove ti sei immerso ? 

-          Tra il tiro al piattello e la Grotta Del Pescecane 

 

Enrico si asciugò accuratamente le mani unte .

 

-          Brunello , sei un genio ! –

-          Ah si ?! –

                                                         *****

 

Era stato il  padre di Danilo a parlargli , per la prima volta, delle Grotta Del Pescecane e di chi giurava sulla sua esistenza. 

Accadde molto tempo prima, quando  non aveva ancora compiuto tredici anni.

Il signor Guidi , Priore della Confraternita di San Pietro, stava raccontando ad alcuni ragazzini   venuti a far visita alla chiesa, tra cui Enrico   ,dell’occasionale ritrovamento del grande crocifisso nero . Poi il priore parlò anche della Grotta del Pescecane.

Disse loro che verso la fine del sedicesimo secolo ,  gli abitanti di Porto Maurizio per difendersi dai barbareschi, avevano costruito un “ passaggio “ che dalla zona della foce conduceva , per via sotterranea , fin sotto  la torre del convento di Santa Chiara. 

La sua utilità era ovvia : una volta avvistati i corsari , i pescatori, o chi si trovava fuori dalla cinta muraria , potevano rapidamente mettersi al sicuro . 

Due botole chiudevano il  passaggio : la prima camuffata  sapientemente da sassi e terriccio , era all’entrata , sotto la discesa dei bundasci ; la seconda chiudeva  addirittura le segrete del convento. 

    

Verso la fine del diciottesimo secolo, la costruzione della nuova strada carrozzabile voluta dai francesi  aveva comportato una modificazione del terreno. 

Non si sa come, ma il mare si  impossessò di una buona parte di costa e la Grotta del Pescecane finì sott’acqua… e nella leggenda. 

Contrariamente ai suoi  amici i quali  , sedotti  dalla teatrale eloquenza del priore, prestarono subito fede al racconto, Enrico, nonostante i suoi tredici anni non ancora compiuti, aveva già sviluppato una buona dose di scetticismo. 

Tuttavia, l’acerba necessità  del mito ebbe la prevalenza sulla logica ancora in fieri . La maestria del signor Guidi era indiscutibile , soprattutto quando , alla domanda di Enrico su come fosse venuto a conoscenza  della storia , rispose : “ la so.. e basta “.

L’ermetismo del priore arricchiva il fascino del racconto; certo, sarebbe stato appassionante se , ad un certo punto, avesse cavato da una cassapanca  una mappa  consunta dal tempo ,indispensabile per potersi districare nel dedalo dei sotterranei di Porto Maurizio……        

 

                                                           ***

 

-          La Grotta del Pescecane ? ma cosa ti viene in mente?! ! –  Piero cominciava ad essere seriamente preoccupato per la condizione emotiva del suo amico. 

 

Enrico frizionò vigorosamente la pelata . Stava  tentando di essere convincente.

 

-          Ascoltami :  quella specie di cofanetto può essere stato abbandonato da una imbarcazione di passaggio , e questo può essere logico da un punto di vista meramente tecnico. Un po’ meno  se analizziamo il comportamento di chi si è voluto sbarazzare delle monete d’oro , a meno che non siano il frutto di un atto illecito ; ma, anche in questo caso perché buttarle in mare ? e se il cofanetto è caduto in mare accidentalmente  , e lo ritengo improbabile , credi che sarebbe stato così difficile recuperarlo ? che non se ne fossero accorti, è ridicolo - 

 

Era riuscito a catturare l’attenzione di Piero 

 

 

      

-          Oppure proviene … dalla terraferma – riprese corroborato dalla sua espressione attenta  -  il che è ancora più assurdo : per quale motivo qualcuno, o qualcuna, avrebbe dovuto lasciare il bauletto in mezzo agli scogli ? – 

 

Si accese la terza sigaretta consecutiva .

 

-          Ora , se consideriamo .. – 

un attacco irrefrenabile di tosse lo costrinse ad interrompere il ragionamento; gettò via con rabbia la sigaretta .

-          Fuma , fuma che ti fa bene ! – disse Piero 

 

Respirò a pieni polmoni , cercando di ricomporre le fila delle sue argomentazioni .

 

   

-          Devi considerare una cosa : le pareti della cassetta , sia interne che esterne, erano ricoperte di muschio , ma solo in parte, e che cosa hanno notato Danilo e Marietto nell’acqua vicino al “tiro al piattello” ? –

 

Piero sorrise di sbieco 

 

-          Avanti , non mi fare domande e concludi – 

-          Detriti, terriccio, pezzi di roccia ricoperti di muschio… -

-          Si? –

-          Piero, quella roba proviene da un ambiente molto umido , ma non colmo d’acqua diversamente il bauletto sarebbe stato fradicio e comunque ricoperto  maggiormente di muschio , licheni, alghe .. -

 

Guardò verso la Torretta delle Logge 

 

-          Io credo che la scossa di terremoto di quindici giorni fa abbia  causato un sommovimento marino propria in questa zona , rivelando l’esistenza di un specie di corridoio artificiale molto profondo, con un percorso estremamente viscido e tutto in salita  - 

-          La Grotta del Pescecane –

-          Già –

-          Tu sei tutto matto, amico  –  

 

Il professor Mancinelli  emise una specie di grufolo : non era affatto spazientito con Piero, aveva solo fretta di ottenere qualche risultato .

 

-          Senti,  quando scoprirono la tomba di Tutankamen , nessuno credeva che in quel tratto desertico  vi fosse  ancora qualcosa  di archeologicamente importante, visto che era stato setacciato centimetro per centimetro, eppure …  -  

-          Insomma, cosa dobbiamo fare ? – 

-          Dobbiamo esplorare il fondale roccioso delle ratteghe - 

-          Beh.. perlomeno servirà a ricordarmi che sono ancora in ferie .      

 

             

  

 

        

                                                                   X I   

 

Guadava verso   gli scogli a due metri di profondità ;  una elegante polpessa lievitò davanti ai suoi occhi, poi sparì velocemente in un anfratto.  

I frangenti erano quasi totalmente ricoperti di ricci  ;  gruppi di pesciolini neonati, di tanto in tanto, cambiavano improvvisamente direzione. 

La sagoma della piccola imbarcazione era proprio sopra di lui ed i raggi del sole penetravano facilmente le acque così poco profonde , dando al sommerso un aspetto rassicurante .

Controllò la fune che aveva legato alla vita e che Piero, all’altra estremità , teneva tra le mani. 

Si accorse di non poter rimanere ancora per molto sott’acqua, guardò l’orologio : erano passati, si e no ,quaranta secondi. 

Diede uno strappo alla fune per avvertire che stava risalendo ; appena  emerse respirò disperatamente a bocca spalancata mentre il battito del  cuore era diventato impetuoso.

Risalì sul guscio. L’astinenza d’aria gli aveva causato un forte giramento  di testa . 

 

 

-          Sei già tornato ? – domandò Piero 

-          Forse è meglio usare la bombola –

-          Ma dai ! per tre metri di profondità   

-          Non posso  andare su e giù come un cretino –

-          Si, si ! continua a fumare .. –

-          Non rompere , per favore –

 

Ispezionò accuratamente la Seac . Non si fidava molto di Marietto; sperò che fosse stata spurgata bene dopo l’ultima immersione. La rubinetteria sembrava in buone condizioni.

Un fuoribordo si fermò più appresso, causando un’onda che fece ondeggiare il piccolo guscio.

La Seac sfuggì dalle mani di Enrico che proferì, mentalmente, un’imprecazione.

Piero, ridendo, aiutò l’amico ad indossare la bombola.

 

-          Sei sicuro di voler fare tutto da solo ? -  

-          Credo di si – 

 

Alzò il pollice  e si lasciò cadere di schiena. 

Si avviò decisamente verso la barriera dei frangenti, poi girò a ponente , cercando di individuare , tra gli anfratti, qualche spaccatura interessante. 

La barriere delle ratteghe non mostrava nulla di anomalo, solo ricci , licheni e qualche rada colonia di mitili.

La fune era lunga circa quindici metri; decise di avvertire Piero che voleva liberarsene. 

Calcolò di essere a circa due metri a ovest del tiro al piattello, quando notò la “ cosa”. 

Più in basso, quasi al confine tra le rocce e la sabbia , si era formato una specie di mulinello, come se  , nascosto, un meccanismo in funzione espellesse ossigeno .

In quel punto , l’acqua era biancastra  , quasi lattiginosa , e contrastava nettamente con il verde chiaro del fondale.

Migliaia di bollicine vorticavano rabbiosamente; sembrava una tromba d’aria in miniatura. 

Si liberò dei nodi e lasciò che la fune ondeggiasse placidamente , poi con un colpo di reni, si diresse verso la “ cosa “. 

Considerava improbabile che nessuno si fosse accorto, fino a quel momento, dello strano fenomeno, a meno che non si fosse formato di recente .  

Quando fu a un metro circa sopra quel turbinio , avvertì  un suono ovattato ed echeggiante , una propagazione ondulatoria strascicata che, per effetto della densità dell’acqua  ,  percepiva come specie di lamento che tendeva a dissolversi per poi tornare ad acutizzarsi. 

Cautamente  si avvicinò ancora ; adesso, quasi lo sfiorava.  

Gli appariva come un cono rovesciato e la parte che si  protendeva verso il mare aperto era quella che tendeva a restringersi fino a scomparire ; al contrario , verso i frangenti, si allargava sempre  più , per poi interrompersi improvvisamente presso una cavità oscura  larga poco più di  mezzo metro. 

La scanalatura dove aveva origine il vortice, era compresa tra due scogli rettangolari e pressoché identici. 

“ Non è logico “ pensò “ questa… cornucopia  dovrebbe essere più stretta  dove presumibilmente si forma … “ . 

L’attenzione di Enrico  fu richiamata dalla cavità; tentò di scrutare nell’interno  e , gioco forza, andò ad impattare il vortice. 

La sensazione che provò non era affatto spiacevole , anzi . Un gradevole pizzicore  si diffuse prima nel braccio destro e poi su tutto il tronco.

“ Sembra di fare  un idromassaggio ” pensò . 

Sicuro di non correre alcun pericolo, si appoggiò tra i due scogli in mezzo ai quali si apriva la cavità. 

Il gemito irregolare che aveva avvertito quando ancora era lontano dal turbinio, adesso si era fatto più distinto , benché  la modulazione del tono non era cambiata: si alzava e si abbassava senza soluzione di continuità . 

Scrutò l’interno della cavità. 

 

Accadde così rapidamente  che non ebbe il tempo di rendersene conto.

Il risucchio era stato fulmineo ; si trovò incastrato tra i due scogli . Senti lo stridore  della bombola contro la roccia .

Tentò disperatamente di disincastrasi , ma aveva le braccia immobilizzate.

Il respiro si fece più corto; avvertì una certa sapidità e ne fu atterrito : stava per ingerire acqua salata. 

Si accorse lucidamente che la mucosa della gola si stava gonfiando , mentre ebbe l’agghiacciante sensazione che le vene del collo potessero scoppiare da un momento all’altro.

Guardò avanti e  capì che poteva emergere : qualche metro più in profondità si era formato una specie di arenile confuso  dalla risacca; più oltre scorse un lastricato traslucido che si impennava bruscamente . 

D’improvviso sentì un rumore violento , assordante  sopra la sua testa . Enrico fu preso da panico incontrollabile : stava crollando tutto. 

Un fiotto d’acqua salata gli inondò la gola .

Qualcosa si stava avviluppando attorno alle sue caviglie. “ Signore ti ringrazio “ pensò.

Erano due mani, forti .  Due tenaglie. Qualcuno lo stava tirando violentemente indietro.

Si accorse di poter muovere le braccia, mentre la volta della grotta cedeva  e una nuvola di polvere  rese l’acqua densa , opalescente , poi fu il buio .

 

 

 

 

                                                            ****

 

Correva sotto le Logge, ed era completamente nudo. Paoletta lo stava inseguendo, e piangeva “ perché non  vuoi aiutarmi ? che cosa ti ho fatto ? ti prego fermati! “. 

Non si fermò . Correva a perdifiato, quando il piede si distorse violentemente, causandogli un dolore acuto.

Cadde, sfinito, e si raggomitolò su se stesso . Pudicamente coprì i genitali con le mani .

Ormai Paoletta lo aveva raggiunto.

Rassegnato , volse lo sguardo verso di lei, ma non la vide più

Qualcos’altro si stava avvicinando, ma non correva . Stava lievitando a mezz’aria.

Il movimento era regolare , elegante; l’apertura alare smisurata.   

Un raggio di sole fece improvvisamente la sua comparsa  tra le arcate, e l’Aquila urlò. 

    

     

                                                            ****

 

Il sole  acutizzava il bruciore insopportabile agli occhi , mentre non riuscì a trattenere il rigurgito acerrimo. 

 

-          Sta rinvenendo. Forza , campanaro, vomita ! – 

-          U ghe vo aigua fresca ! –

 

La prima cosa che vide fu il volto preoccupato di Piero ; girò la testa e si accorse che un piccolo gruppo di persone lo stava scrutando.

Sentì qualcosa attorno al braccio.

 

-          la pressione  buona , ma bisogna che stia  sotto osservazione . Le sindromi da annegamento possono rivelarsi  anche a distanza di otto, dieci ore .

 

Enrico si alzò a sedere ; la testa gli girava vorticosamente.

 

-          Come ti senti ? vuoi andare al pronto soccorso –

-          Non è necessario , grazie –

 

Il medico fece una smorfia 

-          Come vuole , ma se le dovesse salire la febbre , vada immediatamente in ospedale -  

 

Il gruppo di curiosi si diradò lentamente ; solo un signore anziano rimase accanto a Piero . 

 

-          Le ratteghe sono traditrici . Se non si ha esperienza , non bisogna infilarsi tra gli scogli pe’ in purpetto de merda ! – disse .

 

Il vecchio  accarezzò paternamente la nuca di Enrico, poi salutò sorridendo ai due amici e si allontanò.

 

 

-          Ti ho tirato fuori appena in tempo  - 

-          E’ crollato tutto ? –

-          Si –

-          Il passaggio esiste, Piero, l’ ho visto con i miei occhi – 

-          Qualunque cosa tu abbia visto, ormai non esiste più – 

-          C’era un .. vortice ,una specie di mulinello , ma era strano…. -  

 

Improvvisamente  fu preso da eccitazione, afferrò il braccio di Piero e lo strinse vigorosamente .

 

-          Sono stato risucchiato dentro, capisci ? una cosa pazzesca ! – 

 

Piero lo aiutò a risollevarsi.

 

-          Adesso te ne vai a casa a riposare. Più tardi, se ti senti , chiami Amelia ed andiamo tutti e quattro a mangiare le rostelle da Leandro. Per il resto…. ne parliamo domani, okay ? –

-          D’accordo –

 

Piero si allontanò 

-          Porto il guscio alla foce. Ci vediamo tra dieci minuti –

-          Piero .. –

-          Si? –

-          Grazie – 

                                                                                                                                         

                                                               

                                                          

                                                               XII

 

Il pigia pigia continuava; altri ragazzi si affollavano nello stretto corridoio  cercando di affacciare la testa oltre la porta dello studio. 

-Qui vois – tu ? – domandò il ragazzo con un piecing sulla narice sinistra a chi si trovava in testa, proprio vicino ai gendarmi, che faticavano non poco per impedire a quella colorata moltitudine di tracimare nella stanza. 

Alcuni ridevano, altri apparivano sinceramente costernati ; un biondina lentigginosa piangeva. Il suo corpo , magrissimo , era scosso da singulti. 

Il diffuso mormorio divenne quasi uno schiamazzo .

Un tipo altissimo , completamente rasato stava indicando qualcosa ad una matura  signora che , le braccia conserte, annuiva contrita. 

 -  Je ne sais  pas qui me l’ha dit  .. mais…  C’est pas possibile ... c’est  Fremont , l’assistent de Siri ! .....  - .

Dautierre e Lacombe giunsero poco dopo .

Come al solito, nonostante il caldo torrido, Dautierre era vestito di tutto punto.

 

-          Et alors , monsieurs – dames , en arrìere , s’il vous plait !  - 

Si rivolse a Lacombe 

-          Tutta questa gente , in pieno agosto ! 

-          Molti studenti sono venuti in facoltà perché oggi avrebbero comunicato le date delle sessioni degli esami autunnali -

-          Capisco – 

 

 

Appena entrato nel piccolo studio, Dautierre  ebbe un déjà vu.

La scena che si presentava agli suoi occhi  somigliava in modo impressionante alla condizione dell’appartamento del professor Siri, il giorno del suo assassinio.

Carte, libri divelti e dispense erano sparsi per tutto il pavimento; i cassetti della scrivania aperti. La libreria era stata completamente svuotata. 

Il corpo del dottor Fremont , assistente di Siri, era riverso sul pavimento, dietro la scrivania. 

Dautierre si accorse che il computer era acceso; scavalcò il corpo senza vita di Fremont, calzò un paio di guanti da chirurgo e fece roteare il mouse . 

Tutti i files erano stati aperti. 

Si rivolse a Lacombe 

      

-          Nessuna impronta ? –

-          No, ma abbiamo il risultato della perizia balistica – 

-          E allora ? –

-          Non c’è dubbio, l’arma è la stessa che ha sparato a Siri – 

 

Le mani in tasca , il commissario cominciò a passeggiare lungo il perimetro della stanza , cercando di non calpestare la marea di carta stampata. 

Alzò gli occhi al soffitto ; arricciò le labbra come per zufolare , ma non produsse alcun suono. 

L’assassino, come per il caso del professor  Siri , stava cercando qualcosa . Era quello che pensava ? possibile che proprio le persone che sono venute in contatto con.. No. Non era concepibile , eppure …

Tornò ad osservare il cadavere. La testa di Fremont si trovava in un cono d’ombra , ma il sangue raggrumito sul collo non lasciava dubbi. 

 

-          gli hanno sparato alla nuca –

-          Infatti,  abbiamo già estratto il proiettile che si era conficcato nel primo cassetto della scrivania e…  …. –

-          Si, si me lo ha già detto –  

 

Dautierre fece un cenno ai gendarmi ancora fermi sull’uscio ; uno di essi chiuse la porta sulla faccia di tre ragazzi dagli occhi spiritati.  

-          Secondo me abbiamo fatto male a lasciar libero quell’italiano –  disse Lacombe .

 

Il commissario agitò il braccio come per allontanare una mosca fastidiosa.

Era visibilmente seccato. 

-          Non mi faccia perdere tempo, Lacombe. Mi dica , piuttosto : chi ha scoperto il cadavere ? – 

-          Una studentessa. Ho già preso le sue generalità; aveva un appuntamento alle sette e trenta per concordare l’argomento della  tesi di laurea – 

-          Bene, andiamo a parlargli – 

-          Non è meglio aspettare il magistrato?  spero non mi faccia una lavata  di testa per avere rimosso il proiettile ..

-          No. Voglio sapere se … -

 

Il suono del cellulare lo interruppe ; guardò il display : la didascalia “ Paris” faceva capolino sulla parte inferiore del piccolo schermo colorato. 

Dautierre sobbalzò ; non si aspettava quella telefonata e non aveva nessuna intenzione di rispondere . Premette il pulsante rosso e spense in cellulare. 

Pensò ad una scusa per potersi allontanare, ma il quel momento non riusciva ad immaginare nulla di credibile.

Decise di  ritornare al commissariato senza dare alcuna spiegazione 

 

-          Lacombe, pensi lei alla ragazza e dica al magistrato che sarò di ritorno tra mezz’ora –

 

Aprì la porta dello studio. La calca era diminuita; solo due docenti e tre ragazzi, tra cui la biondina lentigginosa e perennemente commossa, stazionavano    ancora nel corridoio. 

Seguirono con lo sguardo l’ispettore di polizia confidando di avere qualche aggiornamento , ma Dautierre accennò ad un saluto frettoloso e si avviò speditamente verso l’uscita.

Il cielo era diventato plumbeo; respirò a pieni polmoni quella improvvisa  e benefica  effusione di ozono, mentre da ovest , oltre Cap d’Antibes, un borbottio diffuso faceva ben sperare .

Forse quella maledetta canicola stava per finire. 

 

 

Chiuse la porta a chiave . Si sistemò comodamente sulla poltrona  vicino alla finestra , rimase per qualche secondo ad osservare l’antiquato telefono  sistemato su un traballante  ètàgere, poi sollevò la cornetta. 

 

 

-          Dipartimento  trentesimo -

-          Vorrei parlare con in colonnello Beauniveau –

-          Chi parla ? – 

-          Sono il commissario Dautierre –

-          Un attimo, prego – 

-          Dautierre , finalmente ! 

-          Signor colonnello, mi scusi, ma eravamo d’accordo che se ci fossero state delle novità vi avrei avvertito tempestivamente .. - 

-          Lei usa il condizionale in modo non appropriato , caro Dautierre; temo che non abbia compreso fino in fondo le condizioni del suo incarico  :ci devono essere delle novità ! – 

-          Ma sono sorte delle complicazioni , vede …

-          So tutto, ma questo è affar suo –

 

Il tono autoritario  e sferzante non lasciava dubbi ; in quel momento pensò di confessare , umilmente , i suoi limiti, ma l’Ufficiale lo prevenne

-          Quindici giorni –

-          Mi scusi ? –

-          Lei ha ancora quindici giorni di tempo.. au revoir ! –

 

La brusca interruzione della comunicazione lo lasciò allibito.

-            esclamò . 

 

In vita sua , non si era mai trovato in una situazione così contorta.

Non aveva nessuna voglia di tornare in ateneo; pensò di concedersi una mezza giornata di riposo, a meno che il magistrato non avesse richiesto la sua presenza.

Si, aveva bisogna di fare mente locale e un pomeriggio di libertà era proprio quel che ci voleva, ma prima doveva verificare se, nel frattempo ,  fosse sopraggiunto qualcosa di nuovo da comunicare a quel nazista del colonnello Beauniveau.

Sollevò la  cornetta e compose un numero.

 

 

         -Dottor Vassalli ? …     

   

     

 

 

 

 

 

 

 

   

   

      

                                                               XIII 

Si accorse che  da qualche giorno nutriva un esasperato desiderio di esternalizzare.

Ormai si stava avvicinando alla cinquantina e non aveva certo intenzione di passare il resto della sua vita a far visita ,settimanalmente, alla detenuta di un manicomio criminale, o, peggio, delle patrie galere. 

Questo nel migliore dei casi; bisognava tenere conto del fatto che, con ogni probabilità, non avrebbe più rivisto Paula. 

Colto da improvvisa eccitazione ,  Enrico programmò mentalmente quello che aveva intenzione di porre in essere nei prossimi giorni.

Innanzitutto avrebbe accettato la corte di Amelia; in fin dei conti, avevano passato insieme due anni accettabili , anche se non proprio entusiasmanti ……

Si afflosciò di colpo ; un fugace sorriso da ebete contornò le sua labbra.

Non doveva considerare il problema di Paula  in termini assoluti.

Che fosse matta come un cestino poteva anche corrispondere al vero, ma le incredibili vicende di quei giorni non erano certo il frutto della sua fantasia .

No, ormai c’era dentro fino al collo ; senza contare che , prima o poi, qualche giudice lo avrebbe convocato e la sua posizione, in fin dei conti, era ancora tutta da chiarire . 

Soprattutto sentiva di essere molto vicino alla soluzione del mistero ,anche se nessun  elemento certo poteva dirsi definitivamente acquisito.

Si toccò la fronte : era fresco come una rosa; nessun tardivo sintomo da annegamento.

Per un attimo un’intensa sensazione di sbigottimento si impadronì del suo animo.

Aveva rischiato di morire; se non fosse stato per il provvidenziale intervento di Piero, a quest‘ora  sarebbe già stato degnamente confezionato per il trasbordo. 

Accese il computer  e inserì il dischetto di Paula. 

Lesse e rilesse parecchie volte i tre frammenti senza trovare alcun legame logico tra essi, ma  dovevano pur significare qualcosa. 

Il professor Siri pensava che Paula considerasse quei tre brani come le tessere di un puzzle…. non ne era  convinto.

Quando frequentava l’ultima anno delle medie, un giorno il suo insegnante di applicazioni tecniche  propose un esercizio  inconsueto .

Consegnò , a ciascuno degli alunni, tre oggetti  diversi . 

Un esercizio  banale se il professore avesse dato loro un rotolo di nastro isolante, qualche centimetro di filo di rame ed una presa elettrica.

Nulla di tutto questo. Erano tre oggetti  la cui tipologia e funzione dell’uno era lontana anni luce da quella dell’altro. Poi disse 

                                  

-          Avanti , realizzate qualcosa –  

      Che cosa fosse riuscito a realizzare , semmai ci fosse riuscito , proprio non lo 

      ricordava. 

     

     Ad un tratto gli sovvenne uno dei passatempi più comuni della Settimana Enigmistica , quello dei tre o dei cinque sostantivi  dal titolo < Eliminate quello che non c’entra >.

Annuì a lungo, si accese una sigaretta e mormorò “ si, accettabile , proviamo “. 

Il primo brano era l’inizio del canto sesto del Paradiso; il secondo , un esorcismo ; il terzo … una considerazione , un’opinione , un linea di pensiero in merito a .. qualcosa. 

Il terzo brano poteva , entro ovvi limiti, essere considerato  fuori luogo. Infatti, si convinse che quelle  tre parole erano un commento di Paula. Relativo a .. cosa ?

Cosciente di dovere rimanere rigidamente all’interno del verosimile , se non voleva correre il rischio di costruire fumose congetture o pseudo- ragionamenti circolari e tautologici, suppose che Paula, cosciente come era del suo allarmante  stato di salute mentale, si fosse rivolta a  qualcuno che poteva suggerirgli un’alternativa – poniamo - alla medicina ufficiale. 

Ipotizzò , ancora, che Paula vivesse da molto, troppo tempo, la sua particolare condizione convincendosi, a poco, a poco , di essere in qualche modo posseduta da….

 

Non potevano esserci dubbi : il commento di Paula  si riferiva alla inutilità di porre in essere un esorcismo, suggerito da qualcuno , o qualcuna; che poi questa persona fosse reale oppure il frutto della sua immaginazione , per il momento non aveva importanza. 

 

Avvertì un leggero pizzicore agli occhi, forse il fumo della sigaretta o forse l’estrema luminosità del video, o  entrambi.

Provò a rettificare il ragionamento; escluse dall’indagine quella che ormai denominava “ l’opinione di Paula “ , cioè la terza frase . 

Il brano immediatamente precedente era un esorcismo tratto dal  “Compendium Maleficarum “ di Guaccio : la soluzione offerta per risolvere i problemi  di Paula.

Però era il primo brano  quello più interessante.

 

Chiuse il file .

Si , forse erano giunto ad una conclusione non peregrina .

Per risolvere il mistero era necessario rendere intelligibili le indicazioni criptiche contenute nelle prime strofe del canto sesto del Paradiso.

 

                                                          ******

De Caro pensò  di aver  fatto bene ad acquistare l’utilissimo “ Simboli del Potere e Grandi Dinastie “ dei dizionari dell’Arte Electa. 

 

Che numerosi elementi legassero l’Aquila alla Bibbia e che il simbolo del più grande dei rapaci fosse il più inflazionato nell’immaginario dei popoli era ovvio, tuttavia Gianni De Caro 

fu colpito dalla citazione del salmo 102 dove l’Aquila è paragonata ad Adamo ed è “ attributo di Elia “.

Entrambi avevano frequentato le altezze massime , ma erano precipitati nel momento in cui il desiderio del cibo aveva prevalso o li aveva sedotti.

L’aquila , il più nobile tra creature alate , la luce , la potenza che vince le forze del male , ma anche la crudeltà , la spietatezza. 

 

Chiuse il volume e lo lasciò cadere sul pavimento. 

 

In verità non aveva ancora deciso come comportarsi.

Non era vero che aveva contattato il professor Lhemann : Una fandonia per prendere tempo . 

Ma a quale scopo ? 

A ben vedere , la scusa era credibile anche se difficile da sostenere a lungo.

Prima o poi , Mariani e Berardi  gli avrebbero chiesto un intervento diretto e chiarificatore oppure avrebbero fatto a meno di lui  .

Scosse la testa .Era sempre più convinto che il cammeo non fosse stato collocato per caso, in quella nicchia. 

Un simbolo. 

Ripercorse mentalmente le fasi del dibattito su “ Storia e letteratura “ , a Ferrara, l’anno precedente.

Un intervento, in particolare lo aveva colpito : la relazione di quel ricercatore di Sarzana, di cui non ricordava il nome , che aveva posto l’accento sul disprezzo malcelato da parte dei letterati dell’ottocento dei confronti degli  storici che si esercitavano al mnemonismo.

Vuoi mettere il Greco ed il Latino. Ecco . La Storia di Roma antica godeva di una certa considerazione, a patto che gli “ umili “ si dedicassero , anima e corpo, alle antiche scritture , ai simboli, allo stupore e alla ammirazione… “ per il potere? “ pensò.

La forzatura era sciocca.

In verità, quello che gli stava a cuore era proprio la storia degli umili .

Per questo continuava ad amare i grandi romanzi francesi dell’ottocento:

“ I miserabili “ , ovviamente, ma soprattutto “ I Misteri di Parigi .”.

 

Già . I misteri… La luce ed il simbolo, poi il buio; milioni di uomini e donne. L’esistenza collettiva; “ di chi ? E’ come se non fossero mai esistiti.” Pensò.

 

Poi , qualcuno si erge, esce dalle fogne ed urla : “ Io esisto ! “. 

E si vendica.

                                                        ***** 

 

Intanto  la riflessione sarebbe servita a ripulire il suo cervello dalle ragnatele causate dall’inattività intellettuale, e poi sarebbe stata utile anche professionalmente . 

Prese il terzo  volume della Divina Commedia dallo scaffale più alto e polveroso.

Canto sesto : erano ancora visibili le annotazioni a matita  scritte di suo pugno  trent’anni prima.

Sorrise. Si ricordò del suo professore di Italiano e latino , al Liceo “ De Amicis”.

Come la cassiera del cinema “ Croce Bianca “ , anche lui aveva le lenti spesse due dita, e naturalmente Enrico, come tutti gli altri , ne approfittava.

“ Mancinelli , leggi e commenta .. a proposito : è pulito il libro ?”. 

protendeva il libro aperto in avanti assumendo un aspetto quasi ascetico; sembrava un sacerdote officiante, al momento dell’offertorio. 

“ va bene , ho visto “ . Invece non aveva visto una mazza chiodata poiché il libro era zeppo di appunti, pro memoria e brevissime interpretazioni critiche scopiazzate qua e là . 

Il canto sesto del Paradiso. 

Dante fa pronunciare a Giustiniano l’elogio dell’Aquila che aveva vendicato la morte di Cristo. 

Si meravigliò del fatto che  anche adesso , come ai tempi del Liceo, provava lo stesso giovanile risentimento per un elogio che , in fin dei conti, riguardava un genocidio.

All’epoca ne aveva  parlato con il suo insegnante di religione, un giovane sacerdote che aveva partecipato alla occupazione del liceo.

Rimase a bocca aperta  quando, dopo avergli posato la mano sulla spalla , gli disse in un orecchio “ In confidenza, il Giorno del Giudizio sai cosa ne farebbe Gesù  dell’elogio dell’Aquila ? “ e mimò la nettatura del posteriore.  

Guardò l’orologio. Erano, ormai, le nove di sera. 

Il crepuscolo fiammeggiava oltre la Torre di Prarola e dietro il monte Calvario.

I giorni si stavano accorciando ;  l’aria si era fatta più frizzante ed i colori del tramonto, così nitidi, assomigliavano ormai a quelli autunnali. 

L’acquazzone del mattino aveva sprigionato fragranze che sembravano dimenticate per sempre. 

Nutriva un certo rammarico  . Da qualche anno  si era accorto di non provare  più quella punta di malinconia  che aveva sempre avvertito verso la fine di agosto.

Ancora una settimana e Piero sarebbe ritornato in Olanda ; il suo aiuto era indispensabile , prima di tutto perché aveva creduto fino in fondo al racconto delle sue incredibili esperienze , e poi la sua disponibilità , fino  quel momento, era stata totale.

Si era dato una scadenza : voleva addivenire  ad una spiegazione dei fatti prima del convegno  docenti del trenta agosto. 

Purtroppo ,  tutto quello che era riuscito ad ottenere dall’indagine semantica del canto sesto del Paradiso era stato solo  un gran mal di testa.

Tuttavia, era ancora convinto di essere vicino alla soluzione, meglio : gli stava  girando attorno.

Era un po’ come il gioco infantile dell’oggetto nascosto: si bendava  per qualche minuto il malcapitato e poi lo si aiutava  con la locuzione “ acqua” , se il cercatore si stava allontanando dalla cosa celata , oppure “ fuoco “ se si stava avvicinando.

Gli accrescitivi ed i diminutivi erano di ulteriore ausilio  : “Acqua, acquone ! “ oppure : “ fuochino, fuoco ,fuocone ! “.  

 

Una fitta all’inguine servì a rammentargli che se voleva ancora scendere di corsa la Salita De Ferrari, ,   sarebbe stato opportuno considerare l’eventualità di svolgere un po’ di attività fisica, in aggiunta alle sporadiche nuotate estive. 

 

Sistemò il suo basso corporeo in soprappeso  sulla seggiola più vicina  all’ingresso del “ Caffè del Duomo “ e ordinò un aperitivo analcolico. 

L’orologio del campanile diffuse un rintocco. Occhieggiò  distrattamente l’orologio da polso.

L’appuntamento con Piero , Kristine ed Amelia era fissato per le ventuno e trenta. 

In verità la telefonata  pomeridiana di Amelia lo aveva agitato.  

Se voleva stimolarlo nell’orgoglio virile , certamente la sua  preoccupazione, espressa in maniera così concitata, aveva sortito  l’effetto contrario. 

Sembrava un fiume in piena : “ ma cosa è successo ! dico .. sei impazzito!.. devi capire … non sei più un ragazzino. E poi non hai esperienza .. che paura ho avuto !  “ . 

 

Poco più avanti, alcuni extracomunitari confabulavano tra loro,  tradendo una gestualità straordinariamente simile a quella degli immigrati meridionali d’altri tempi.

Un flash back.

Rivide il capannello di calabresi e siciliani ancora impolverati dalla calce ,dopo una giornata di lavoro.

Tutti erano rigorosamente occupati ,saltuariamente , nell’edilizia.

Rivide Umberto  sulla soglia del “Bar Piemontese”  che li osservava preoccupato: quando si sarebbero decisi ad entrare  per la solita birra e la partita  di tressette?. 

 

Un conoscente di cui non ricordava il nome, lo salutò distogliendolo, per un momento, dai ricordi…. “ Ciao , nabba ! “ 

Il suo vecchio soprannome . Qualcuno  ancora se ne ricordava.

D’altronde i soprannomi  avevano assunto una valenza insopprimibile per la precisa individuazione dei personaggi .

I soprannomi dei ragazzi del Parasio erano molto fantasiosi, anche se pur sempre rigidamente ancorati alla dimensione fisica e comportamentale del personaggio. 

Per esempio: Alfredo Ponti, fratello del più noto Guido, batterista dei “ Clemans” ,  primo ed unico complesso musicale rock di Imperia, era un appassionato di Bob Dylan ; più precisamente adorava la celeberrima  “ Blowing  in the wind “.

La canticchiava spesso.

Il fatto è che ne conosceva il motivo , ma non era mai riuscito ad impararne la prosa; meglio , della canzone conosceva una sola parola : “ Before “.

Molto presto,  per tutti Alfredo  diventò   “ Before “.. e basta. 

Esistevano  anche i soprannomi multipli. 

Si partiva da una creazione che teneva conto del mestiere dell’ingiuriato  e, per irrefrenabile assonanza con  la prima , si concepivano altri epiteti  , sino quando gli “ artisti” non si accorgevano che stavano diventando ripetitivi.

Fu  così che Ernesto diventò il più soprannominato del Parasio .

In principio era “ carteza “, presente indicativo portorino del verbo “ cartezà “ , con riferimento alla sua attività di carrozziere.

Non è dato sapere chi inventò l’inverecondo  “ straccaia” e che cosa volesse significare. 

Quando l’effetto domino poté dirsi concluso, Ernesto si ritrovò con ben sette soprannomi : “ Cartesa, beghetta, straccaia , munguia, giorgione, gighegione, melchiorre. 

 

Un frizzante refolo lo fece rabbrividire. Slacciò il pullover che aveva annodato ai fianchi e lo indossò. 

Preso com’era dai suoi pensieri , non si era accorto dell’uomo che , da qualche minuto, era seduto accanto a lui. 

Né, peraltro, il nuovo venuto aveva riconosciuto Enrico, perché era immerso nella lettura di un voluminoso incartamento, ma quando si voltò per ordinare la solita acqua brillante  scorse l’inconfondibile silhouette del suo compagno delle elementari.

 

 

   - Ciao, Enrico – disse Gianni De Caro.       

  

  

          Continua ... 

     

Redazione

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