Sanità - 27 aprile 2019, 08:57

Il fumo, una causa di morte evitabile

Ritorna L’AIRC con i loro preziosi consigli.

Il fumo, una causa di morte evitabile

Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità il fumo di sigaretta è la più importante causa di morte evitabile nella nostra società: ogni anno nel mondo a causa del tabacco perdono la vita circa sette milioni di persone, 890.000 delle quali non fumatrici, ammalate solo a causa del fumo passivo. Secondo il Ministero della Salute, il numero delle vittime della sigaretta in Italia ogni anno va da 70.000 a 83.000 persone. Il dato, seppure ancora molto alto, sembra in calo, grazie alla riduzione costante del numero di sigarette vendute nel nostro Paese, scese nel 2013 del 20 per cento rispetto al 2005 e di un ulteriore 2 per cento nel solo 2015-2016. Secondo l'Istituto superiore di sanità il fenomeno non sembra legato alla crisi economica. È piuttosto dovuto in parte a un diverso clima culturale, che non valorizza più il fumo come atteggiamento "alla moda", e in parte a una maggiore consapevolezza dei rischi e degli svantaggi che il fumo comporta. Ma molto dipende certamente anche dai provvedimenti che, in Italia prima che altrove, hanno proibito le sigarette nei luoghi pubblici e sui posti di lavoro.

 

Ancora oggi tuttavia l'Istituto superiore di sanità stima che il fumo di tabacco sia responsabile di un terzo delle morti per cancro e del 15 per cento circa di tutti i decessi che avvengono per qualunque causa, provocando più vittime di alcol, AIDS, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Molti studi scientifici hanno infatti dimostrato che chi fuma tabacco rischia più degli altri di sviluppare oltre 50 gravi malattie, non solo tumorali: il fumo aumenta di 10 volte il rischio di morire di enfisema, raddoppia quello di avere un ictus e aumenta da due a quattro volte quello di essere colpiti da un infarto, danneggia la circolazione del sangue al cervello e agli arti e può favorire la comparsa di una disfunzione erettile nell'uomo. In generale, secondo l'OMS, il tabacco uccide metà dei suoi consumatori.

 

Le sostanze cancerogene contenute nel fumo favoriscono poi lo sviluppo di tumori al polmone, che in 9 casi su 10 possono essere ricondotti a questa cattiva abitudine; ma stimolano anche in diversa misura i tumori del cavo orale e della gola, del pancreas, del colon, della vescica, del rene, dell'esofago, del seno, soprattutto tra le donne più giovani, e di alcune leucemie. Infine non bisogna trascurare l'impatto economico del fumo: per curarne le conseguenze, nel 2010 in Italia sono stati spesi (solo in costi sanitari, per non parlare di quelli sociali e umani) circa 7,5 miliardi di euro.

Ogni volta che si accende una sigaretta si introducono oltre 4.000 sostanze chimiche, almeno un'ottantina delle quali, secondo l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), sono anche cancerogene. Con ogni boccata si inalano:

·      monossido di carbonio, lo stesso gas responsabile degli avvelenamenti da gas di scarico delle auto e delle stufe, che impedisce all'ossigeno di legarsi all'emoglobina e, di conseguenza, provoca danni cardio-vascolari;

·      nicotina, responsabile degli effetti sul cervello del fumo e quindi anche della dipendenza fisica;

·      catrame, che contiene molte sostanze cancerogene come benzopirene e altri idrocarburi aromatici;

·      acetone, come quello usato per togliere lo smalto dalle unghie;

·      ammoniaca;

·      arsenico;

·      formaldeide;

·      acido cianidrico;

·      nitrosamine;

·      sostanze radioattive e molte altre.

Si ritiene che i costituenti del fumo con maggiore potenziale cancerogeno siano l'1,3-butadiene, l'arsenico, il benzene e il cadmio. Il primo, pur essendo meno potente di altre sostanze, è considerato il più importante perché presente nel fumo di sigaretta in grandi quantità; l'arsenico è particolarmente pericoloso anche perché tende ad accumularsi nell'organismo e interferisce con la capacità di riparare i danni al DNA; il benzene è responsabile di una quota significativa (dal 10 per cento al 50 per cento) delle leucemie provocate dal fumo; il cadmio introdotto fumando sigarette è in quantità tali da superare la capacità dell'organismo di neutralizzarne l'azione tossica.

Tra le sostanze radioattive è di particolare rilievo il polonio 210: un'analisi del contenuto di polonio radioattivo in sigarette di diverse marche diffuse in Italia ha dimostrato che in un anno, in media, chi fuma circa un pacchetto al giorno corre lo stesso rischio biologico che se si sottoponesse a 25 radiografie del torace. Questa sostanza infatti si deposita nei polmoni, esponendoli ad altissime dosi di radiazioni ad alta energia che possono indurre mutazioni potenzialmente cancerogene nel DNA.

Come le radiazioni, anche molte sostanze chimiche contenute nel catrame di sigaretta danneggiano il DNA delle cellule, provocando mutazioni che possono spingere la cellula verso una crescita incontrollata. Il benzopirene, uno degli idrocarburi policiclici aromatici più studiati, tende per esempio a mettere fuori uso il gene che codifica per la proteina p53, una delle molecole più importanti per proteggere l'organismo dal cancro.

Gli effetti negativi di queste sostanze sono potenziati quando vengono assunte tutte insieme, come avviene quando si inala il fumo di sigaretta. Un esempio di questo effetto sinergico si ha, per esempio, con il cromo: agendo come una colla, fa aderire più saldamente le altre sostanze cancerogene al DNA, favorendo le mutazioni che questi possono provocare. Altri esempi sono l'arsenico e il nichel, che interferiscono con i normali meccanismi di riparazione del DNA, deputati a correggere gli errori a mano a mano che si verificano. In questo modo le interazioni fra le diverse sostanze amplificano i danni provocati sul materiale genetico.

Le sostanze cancerogene contenute nel fumo possono infine favorire lo sviluppo dei tumori in maniera indiretta, ostacolando i meccanismi di rimozione di altre tossine (per esempio distruggendo le ciglia delle cellule che rivestono le vie respiratorie, come fanno ammoniaca e acido cianidrico), o bloccando gli enzimi che le trasformano in sostanze meno pericolose, come fa il cadmio.

Non esiste un sistema per smettere che vada bene per tutti, anche perché diverse sono le motivazioni che spingono i fumatori e le modalità dell'abitudine al fumo, così come le caratteristiche psicologiche e fisiche, gli stili di vita e il tipo di attività professionale, e perfino le varianti genetiche da cui può dipendere una maggiore o minore predisposizione alla dipendenza fisica e psicologica.

La sola forza di volontà a volte non basta, neppure con l'aiuto dei tanti libri in commercio. Se si vuole provare da soli, è importante stabilire degli obiettivi precisi, come ad esempio un giorno adatto a spegnere l'ultima sigaretta, nel quale non si prevedano eventi particolarmente stressanti, non si debbano frequentare ambienti che possono indurre in tentazione e nel quale ci si possa dedicare ad altre attività piacevoli che possano distrarre dal desiderio di fumare. Programmare un'attività fisica che sia congeniale, per esempio, aiuta molto. Se però il fai-da-te fallisce, non bisogna scoraggiarsi. È possibile rivolgersi al proprio medico di famiglia o a uno dei centri antifumo accreditati, dove si utilizzano metodi per smettere di fumare certificati dalla letteratura internazionale, nonché trovare un aiuto competente e un supporto utile nei momenti di difficoltà, ricordando che smettere non è facile, mentre facilissimo è ricadere. La maggior parte degli ex fumatori non è riuscita a liberarsi dalla sigaretta se non dopo ripetuti sforzi, ma per fortuna a ogni nuovo tentativo le probabilità di riuscita aumentano. Non bisogna temere di ricorrere agli aiuti che si possono acquistare in farmacia. Ai sintomi dell'astinenza provocati dalla dipendenza fisica da nicotina (agitazione, stanchezza, irritabilità, insonnia o difficoltà di concentrazione) si può rimediare utilizzando i prodotti sostitutivi (cerotti, inalatori, caramelle o gomme da masticare), che liberano una quantità di sostanza sufficiente a eliminare i disturbi, riducendone gradualmente la necessità.

Sotto controllo del medico questi mezzi possono essere utilizzati anche in gravidanza, perché i loro possibili effetti negativi sono comunque inferiori a quelli del fumo, che oltre alla nicotina contiene molte altre sostanze tossiche per il feto.

Se questi non bastano, ci si può rivolgere al proprio medico che saprà indicare i medicinali più adatti. In molti casi si è rivelato utile anche l’aiuto di uno psicologo adeguatamente formato.

Della validità delle sigarette elettroniche come mezzo per abbandonare il fumo, invece, nonostante la pubblicità, non ci sono ancora prove affidabili. Sono comunque in corso studi per verificare se questi dispositivi possono essere considerati sicuri e se possano sostenere la volontà di smettere.

Nell'ultimo secolo la ricerca scientifica ha contribuito a dimostrare e a descrivere l'entità e le modalità dei danni provocati dal fumo a tutto l'organismo, principalmente in relazione allo sviluppo del cancro. Ciò ha spinto il pubblico ad acquisire maggiore consapevolezza al riguardo e i governi a prendere atto dell'impatto sociale del problema. Sono seguiti provvedimenti restrittivi di vario tipo, dall'aumento delle tasse sulle sigarette alla proibizione del fumo nei locali pubblici e nei posti di lavoro.

Aver provato che la nicotina produce una dipendenza fisica ha poi aiutato a mettere a punto prodotti a rilascio graduale della sostanza e a definire programmi di intervento psicologico.

Tecniche che permettono di esaminare l'attività del cervello in relazione a diversi stimoli stanno contribuendo al progresso delle ricerche nello sviluppo di nuovi approcci, che diano un valido aiuto a coloro che decidano dismettere di fumare. Secondo un rapporto del National Institute on Drug Abuse statunitense, gli studi sui gemelli mostrano che il rischio di diventare dipendenti dalla nicotina deriva dal 40 per cento al 70 per cento dalle caratteristiche dei propri geni. Per questo molti ricercatori oggi hanno indirizzato in questo senso la loro ricerca. Per esempio, uno studio italiano, sostenuto da AIRC e condotto all'Istituto nazionale tumori di Milano, ha individuato la variante di un gene che favorisce lo sviluppo di questa dipendenza. Riuscire a bloccarla potrebbe aiutare in maniera più mirata chi ne è portatore a smettere.

A tal proposito, sempre presso l’Istituto nazionale tumori di Milano è stato condotto uno studio su fumatori ed ex fumatori, valutati a un anno dall’inizio dei tentativi di abbandonare la sigaretta, per verificare con un semplice prelievo di sangue la correlazione tra predisposizione genetica ed efficacia delle terapie antifumo.

La ricerca contro i danni del fumo è interdisciplinare: gli sforzi degli epidemiologi, dei medici, dei farmacologi e dei biologi molecolari sono sostenuti anche dagli psicologi, dagli studiosi di neuroscienze e perfino dai pedagogisti, dai sociologi e dagli esperti di comunicazione, tutti uniti per cercare il modo migliore di impedire che i giovani si avvicinino al fumo e per far sì che i fumatori smettano.

 

                                                                                              A cura di AIRC

L’articolo completo lo trovate QUI

 

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Compito dell’infermiere è la somministrazione della cura, il controllo dei sintomi e la cultura all’ Educazione Sanitaria.

 

Roberto Pioppo

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