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Attualità | 26 gennaio 2020, 12:23

Viaggio nel territorio: due passi in via San Dalmazzo per scoprire Taggia

Taggia è una delle città liguri più ricche di storia e opere d’arte, da poco è entrata a pieno titolo nel club dei Borghi più belli d’Italia. Scopriamola con la guida di Alberto Berruti

Viaggio nel territorio: due passi in via San Dalmazzo per scoprire Taggia

Taggia è una delle città liguri più ricche di storia e opere d’arte, da poco è entrata a pieno titolo nel club dei Borghi più belli d’Italia. Passeggiare nel suo centro storico significa fare un salto indietro nel tempo, dal Medioevo più profondo fino al secolo scorso.

Per visitarla c’è la possibilità di seguire vari itinerari, oggi ne vediamo uno che la attraversa da nord a sud percorrendo la via più lunga, via San Dalmazzo. Iniziamo la nostra passeggiata poco dopo il ponte medievale, imponente nelle sue sedici arcate.

Passando oltre il comodo parcheggio Quartè nei pressi delle scuole, giriamo subito a sinistra seguendo salita San Cristoforo, lastricata in pietra. Dopo pochi passi ci appare la sagoma elegante della Madonna del Canneto. Secondo la tradizione furono i Benedettini di Borgo San Dalmazzo a costruire la chiesa nel VII secolo, come centro di un insediamento agricolo poi distrutto dai Saraceni. Gli studi per ora hanno stabilito che la struttura attuale, con lo splendido campanile romanico, risale almeno al XII secolo.

Alla fine del Quattrocento la proprietà passò ai Domenicani, che fecero decorare l'interno dai Cambiaso e da Francesco Brea. Purtroppo gli affreschi sono stati rovinati da interventi nel periodo barocco e da secoli di abbandono. Torniamo sui nostri passi attraversando il tranquillo quartiere del Colletto, esterno alle mura, ed entriamo nel borgo dalla porta omonima.

Qui inizia via san Dalmazzo, la più lunga della città. Segna più o meno il confine tra la Taggia medievale, che rimarrà alla nostra destra, e quella rinascimentale, sul lato opposto. Dopo alcuni metri troviamo subito una bella edicola sospesa. Davanti si apre la stretta discesa per la suggestiva piazza Santa Trinità.

Poco più avanti una croce in ferro segna l'inizio della scalinata che porta a un luogo molto caro ai taggesi. Qui sopra sorge infatti il convento dei Cappuccini, riaperto di recente da alcuni monaci Benedettini. I Cappuccini sono sempre stati vicini ai problemi della parte più povera della città. E’ ancora molto vivo il ricordo di padre Onorio Ghu, l’ultimo frate dell’ordine che ha tenuto vivo il convento per anni.

In cima alla scalinata si può ammirare un affresco che raffigura la Madonna insieme a San Francesco e San Benedetto Revelli. Proseguendo su via San Dalmazzo la nostra destra è ora occupata dalla mole del palazzo dei nobili De Fornari. Più avanti troviamo un vero e proprio gioiello. All’altezza del civico 32 è stata murata una scultura gotica in marmo rappresentante la Resurrezione di fattura davvero pregevole, un’opera d’arte.

Non sembra patire troppo il passare del tempo ma forse andrebbe collocata in un punto più protetto e visibile. Secondo alcuni potrebbe essere la parte superiore di un tabernacolo dell'antica chiesa parrocchiale, conservato ancora oggi nell’attuale parrocchia di piazza Gastaldi. Siamo arrivati alla Porta di Barbarasa.

Da qui sale il vallone omonimo, che inizia dopo la notevole struttura in pietra del convento di Santa Teresa, da poco restaurato. La porta chiudeva nel tardo Medioevo la cerchia delle mura, poi perse importanza con le nuove sistemazioni difensive. Molto interessante la stanza pensile da dove dove le guardie controllavano il varco, rovesciando pietre o liquidi bollenti sul nemico che si fosse avvicinato alla porta.

Dopo Barbarasa inizia una parte di via San Dalmazzo caratterizzata da diversi palazzi nobiliari con bellissimi sovraporta decorati. Meritano attenzione in particolare quelli delle famiglie Porro e Capponi, ricchissimi di dettagli: è probabile che gli autori siano i maestri lapicidi di Cenova, artisti della pietra provenienti dalla valle Arroscia. Su altri portali vediamo invece gli stemmi nobiliari scalpellati durante la Repubblica Ligure, nel periodo napoleonico, perché ritenuti simbolo di disuguaglianza.

La via ora si allarga tra palazzi alti uniti da contrafforti, c'è addirittura un passaggio sospeso. Questi rinforzi vennero aggiunti a causa di vari rovinosi terremoti, soprattutto dopo quelli del 1831 e del 1887. E’ bello vedere come i residenti abbelliscono l'ingresso delle loro case e la via con piante e fiori; molti gatti ben nutriti fanno la siesta o stanno in posa: un luogo davvero gradevole.

Poco più avanti, sulla sinistra, incontriamo una caratteristica casa-bottega. A pian terreno il negoziante vendeva i suoi prodotti utilizzando il funzionale bancone di ardesia integrato nel portone, al piano superiore si trovava invece la sua abitazione.

Arriviamo ora a un incrocio importante. A sinistra via Gastaldi scende verso la chiesa parrocchiale, a destra via Littardi sale verso il Castello. Qui si nota molto bene la divisione di cui vi parlavo tra l'anima medievale e quella rinascimentale di Taggia. Sulla salita notiamo le case-torri dette dei Clavesana, dal nome degli antichi feudatari. Probabilmente i marchesi Clavesana non hanno mai abitato a Taggia, ma avevano qui persone di fiducia e una piccola guarnigione. Queste strutture mantengono parti addirittura duecentesche.

Ancora qualche metro e usciamo dalla cerchia di mura attraverso la suggestiva porta Pretoria. Via San Dalmazzo è terminata, entriamo ora in un quartiere esterno al borgo a ridosso delle campagne. Le mura ci accompagnano imponenti per alcune decine di metri lasciando poi il posto a case costruite successivamente. Questa era la zona nevralgica per la difesa cittadina, in particolare durante le incursioni dei pirati barbareschi nel Cinquecento.

Sono rimasti anche due bastioni ben conservati a protezione delle mura. Il primo che incontriamo è il bastione della Biscia. Da qui si apre la vista sulla nostra sinistra a dominare la città. Notiamo immediatamente l'enorme palazzo Spinola con le sue logge che ci da un idea della ricchezza di Taggia nel Seicento.

L'ultima roccaforte è il bastione più grande del borgo, strategico per contrastare i nemici provenienti dal mare, chiamato bastione grosso o dei Berruti. Per oggi decidiamo di fermarci qui, ma proseguendo questa aerea passeggiata volendo si può raggiungere il convento dei Domenicani, scrigno di opere d’arte.

Avete visto quante cose si possono ammirare a Taggia? E questa è solo una piccola parte. L’invito è come sempre quello di provare di persona questo itinerario, alla scoperta delle meraviglie che offre il nostro territorio.

Buona Liguria!

Redazione

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