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Al Direttore | 05 aprile 2020, 09:00

La riflessione del nostro lettore Pierluigi Casalino: "Le epidemie nel Ponente ligure: il caso del colera"

Già nel XIX secolo la nostra Regione ha dovuto fare i conti con diverse emergenze sanitarie e gli amministratori locali hanno dovuto imporre restrizioni e attuare protocolli per contenere le malattie

La riflessione del nostro lettore Pierluigi Casalino: "Le epidemie nel Ponente ligure: il caso del colera"

Il nostro lettore, Pierluigi Casalino, affronta la tematica delle epidemie nella nostra Regione affrontando l'argomento dal punto di vista storico. Una riflessione che ha origine nel 1880 quando la Liguria ha dovuto fare i conti il colera. Già all'epoca gli amministratori locali hanno dovuto fare i conti con la gestione dell'emergenza attuando specifici protocolli in modo che i cittadini fossero messi in sicurezza dall'epidemia. 

"La Liguria non è solo terra di sole e di fiori, di colline e di mare, di svago e di ardimentose ed operose virtù marinare e contadine. Ma anche teatro di sconvolgenti calamità naturali e di epidemie. E persino il Coronavirus non l'ha risparmiata. Tra i flagelli del passato- scrive Pierluigi Casalino- si ricordano le stagioni in cui il colera imperversò con la sua scia letale e di desolazione dalle nostre parti. E ciò soprattutto nel XIX secolo, dopo che in precedenza la malaria e le infezioni da zanzare comportarono un fuggi fuggi generale da città come Ventimiglia e Dolceacqua per nascondersi in villa, come avvenne soprattutto nel XVIII secolo. Per tornare al colera, si ricorda la previdente azione sanitaria messa in atto, nel 1814, dalle autorità sabaude nel Ponente ligure, appena passato, con il resto della regione, dalla sovranità francese a quella dei Savoia, in forza delle decisioni del Congresso di Vienna. Il terrore del bacillo virgola non era nuovo, ma nei primi decenni dell'Ottocento fu identificato significativamente in un morbo proveniente da una città  (detta "Collera"), sita sulle rive del fiume Gange, in India.

Nel 1832 una rinnovata spirale di tale morbo, iniziata in Francia e passata nel Ponente dalla vicina Contea sabauda di Nizza, costrinse le autorità di Torino a decretare severe norme igienico-alimentari a tutela della popolazione, invitando la stessa a non consumare determinati cibi, specialmente quelli conservati. E, analogamente, fu nel 1835. Di quell'anno si conserva un interessante documento della Commissione sanitaria di Vallecrosia che attestava l'assenza assoluta di casi di colera nella zona di competenza e la necessità  di una adeguata informativa alle genti locali per difendersi dal male. Notizie sul colera in Francia e sulla difficoltà  per rientrare in territorio sabaudo a causa del blocco delle frontiere a Carros, ci parla persino il giovane futuro scultore Trinchieri di Dolcedo, che più si troverà per studi a Roma, durante la Repubblica romana del 1849. In epoca unitaria, infine, nel 1884, il Prefetto di Porto Maurizio, Bermondi, diramò una circolare ai sindaci della provincia, con la quale comunicava ben definite regole di prudente comportamento igienico-profilattico da consigliare alle popolazioni residenti, per evitare il diffondersi di colera".

Redazione

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