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Attualità | 10 maggio 2020, 07:21

Coronavirus, fase due, ma non per cinema e teatri, la ripartenza difficile per un settore tra i più dimenticati

Abbiamo raccolto le testimonianze di artisti e operatori del settore a Imperia. "Il teatro è come mettere il timone e farsi guidare dal vento", dice Livia Carli, "No al teatro della paura", avverte Eugenio Ripepi

Una rappresentazione teatrale a Lo Spazio Vuoto

Una rappresentazione teatrale a Lo Spazio Vuoto

Il teatro è come mettere il timone e farsi guidare dal vento”. Livia Carli, attrice e attivista imperiese riassume così la situazione che sta vivendo il mondo della cultura nelle settimane e nei mesi di lockdown a causa del coronavirus. Il suo settore, quello che riguarda i teatri e i cinema non ha ancora una data certa per la riapertura. Troppe le paure e le incognite, a cominciare dal distanziamento sociale che tra gli attori è praticamente impossibile da rispettare. Però ci si reinventa. Lo Spazio Vuoto, la compagnia che Livia porta avanti insieme a Gianni Oliveri, lo ha fatto con i corsi teatrali online. “Non sarà mai lo stesso, noi vogliamo tornare sul palco”, si sfoga Livia, contattata da Imperia News.

Se ci sarà la possibilità lavoreremo a distanza, magari all'aperto, visto che il nostro clima ce lo consente. - spiega Livia Carli - Poi riprenderemo i corsi, forse a ottobre, seguendo le direttive. Per quanto riguarda la stagione, alla conclusione di quella in corso mancano quattro spettacoli. Noi abbiamo già rassicurato i nostri abbonati: li faremo, se non in autunno nel 2021, rispettando le regole sul distanziamento sociale, magari con più repliche, visto che da un centinaio di posti di capienza massima, si scenderà a una ventina. Per il futuro lavoreremo a spettacoli nostri. Condivido l'appello di Natalino Balasso e Gabriele Vacis, dicono di riaprire i teatri anche di giorno. Sono d'accordo, l'idea dello Spazio Vuoto è proprio questa: essere un cuore pulsante per la città. Il teatro è vita, relazioni, e può essere anche un'idea di rinascita per creare un'opportunità da questa crisi. Chi fa teatro è un visionario, non possiamo parlare di calcoli, ma di grandi visioni. Mettiamo il timone e vediamo dove ci guida il vento. Chi conosce questo ambiente sa che non è semplice, non lo è mai stato, neppure prima del virus, che sta accentuando le difficoltà per gli attori e non solo, ma anche di tutti quelli che operano in questo settore, di cui il governo deve occuparsi”.

Per Eugenio Ripepi, attore, regista e direttore artistico del Teatro del Mutuo Soccorso, il teatro non potrà rinascere con la paura. Dopo l'accordo tra la Cei e il governo sulla riapertura delle chiese c'è chi, come il consulente artistico del Picccolo Teatro di Milano Stefano Massini, ha lanciato un appello per riaprire i teatri. “Condivido l'appello di Massini, - spiega Ripepi a Imperia News - ma sinceramente, finché la situazione non sarà più chiara, per quanto riguarda una ripartenza in sicurezza, non ho molta spinta a ripensare a un teatro della paura, un posto in cui chi entra deve fare attenzione, ed entra con uno stato d'animo che non sarà quello di una volta”.

Ripepi, la cui attività, come quella dei suoi colleghi, è ferma, si dice “bloccato dalla paura". "Pur sapendo che ci sono situazioni disperate tra gli attori e le maestranze. Ho condiviso post su Facebook di attori che si sono offerti di fare babysitting, ci sono famiglie che non sanno come sbarcare il lunario, ma sapendo anche di attori che hanno avuto seri problemi di salute per il virus, non me la sento di battere i piedi e chiedere di riaprire. Io non vedo l'ora di ricominciare, sia chiaro, ma bisogna aspettare, vedere cosa succederà, perché è ancora troppo presto per parlare degli effetti della fase due. Non è semplice pensare agli spettacoli, anche all'aperto. È complicato far rispettare le distanze, impossibile tra gli attori, a meno di one man show, ovviamente, ma è difficile farle rispettare anche tra gli spettatori, evitare le code, assicurarsi che tutti indossino una mascherina e abbiano una coscienza civica”.

Sul quadro delle difficoltà economiche che riguardano il settore, Ripepi ha le idee chiare: “Il fatto che gli artisti debbano avere pari dignità dei lavoratori non può essere acquisito adesso, ma doveva esserlo prima. Quella che è mancata è forse una coscienza di ruolo. La verità purtroppo è che gli artisti sono considerati gente strana che ha scelto un percorso, e che adesso deve stare zitta, difficile che qualcuno si accorga di noi in questo momento. Questa sia una grossa lezione per tutti”.

Secondo Renato Donati, voce storica del piccolo teatro 'L'Attrito', in sicurezza, adottando tutti i protocolli previsti, appena possibile si deve riaprire. “I piccoli teatri come il nostro saranno penalizzati. Da una cinquantina di spettatori potremo contenerne una dozzina o poco più. - ci spiega Donati – Al primo posto c'è la salute delle persone, ma senza voler essere accusato di sottovalutare il problema credo che la libertà, se non assoggettata come in questo caso alla salute pubblica, non possa essere limitata. La cultura durante questa pandemia ha risollevato l'animo delle persone che chiuse in casa hanno visto un film, letto un libro o visto uno spettacolo in dvd”.

Il gruppo teatrale si è riunito in videoconferenza e ha deciso di continuare, appena si potrà. “Senza forzature, il primo pensiero in questa tragedia va alle vittime, alle loro famiglie e a chi perderà il lavoro, ma tra questi ci sono anche gli operatori del nostro settore, gli artisti e non solo. Pensiamo per esempio che tante piccole realtà culturali saranno precluse per molto tempo”.

Per quanto riguarda i cinema, Antonio Languasco, socio di Dianorama, società che in provincia di Imperia gestisce il cinema Centrale di via Cascione e il Politeama di Diano Marina, spiega: “Gli sviluppi nell'immediato non dipendono da noi, ma non vedo perché non possa esserci un ritorno alla normalità nel nostro settore quando tutto finirà. Al momento siamo in attesa, le sale sono chiuse, per cui le pellicole pronte sono in magazzino, ma ora è difficile anche pensare a cosa proiettare, visto che le riprese dei film sono ferme”.

Sono molte le cose allo studio per la ripartenza, ma ci vuole un protocollo e noi ci atteremo a quello che sarà, ora come ora trovo inopportuno ipotizzare quali possano essere le misure da prendere”.

Sul lato economico, per il settore è stata stimata una perdita di circa 120 milioni di euro. Per quanto riguarda la sua società, Languasco spiega: “I nostri dipendenti sono in cassa integrazione. Purtroppo noi siamo chiusi ufficialmente dal 7 marzo, ma già da febbraio eravamo stati chiusi qualche giorno, per poi riaprire e richiudere in fretta. La situazione, come per ogni azienda è problematica, perché non entra un euro, ma le spese non mancano”.

Francesco Li Noce

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