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Al Direttore | 27 giugno 2021, 10:50

Quando Ventimiglia e Porto Maurizio erano importanti tappe nei percorsi di fede

Il racconto di Pierluigi Casalino

Quando Ventimiglia e Porto Maurizio erano importanti tappe nei percorsi di fede

Tra il XII-XIII secolo sia Ventimiglia che Porto Maurizio divennero tappe importanti nel grande fenomeno dei percorsi dei pellegrinaggi di fede. Per quanto l’argomento meriti un approfondimento, v’è anzi da dire che, tenuto conto della posizione geografica, è provato, per ragioni storiche, il graduale venir meno dei pellegrinaggi in Terra Santa, che notoriamente facevano leva sul sistema portuale e ricettivo di Genova; mentre per molto più tempo, nella cultura devozionale cristiana, continuarono a svolgersi i pellegrinaggi al santuario spagnolo di Compostela. Porto Maurizio, al pari di Ventimiglia, era, in questo senso, geograficamente avvantaggiato, visto che i rispettivi porti potevano servire tanto i viandanti (magari più che i pellegrini dei commercianti o dei Crociati ancora impegnati nel prosieguo delle campagne contro le potenze musulmane del Vicino Oriente, prima gli Arabi e poi i Turchi) quanto i pellegrini per Santiago, dato che Ventimiglia e Porto Maurizio erano relativamente prossimi agli approdi della Provenza ed a quelle basi provenzali da dove prendeva via il il percorso per Santiago di Compostela. Inoltre le due località si sarebbero presto trovate in una posizione ideale sia per gli spostamenti tra Roma ed Avignone, dopo che la Curia Papale fu, agli inizi del XIV secolo, costretta a prendere sede nella città francese.

Altresì la posizione dei porti di Ventimiglia e Porto Maurizio continuava ad essere eccellente per quanti, dalle Spagna, dalla Francia o dallo stesso Nord-Ovest europeo, ambivano a peregrinare verso Ostia e quindi Roma in conformità ai dettati sanciti da papa Bonifacio VIII nei decreti del suo Giubileo del 1300. E stata ricostruita la significanza della Strada Marenca del Nervia e analogamente si è notato che questa aveva il suo naturale referente ben oltre la “Padania”: sino, cioè, al territorio di Susa, all’Abbazia della Novalesa e quindi ad uno di quei grandi Ospitali di transizione tra aree geografiche distinte, che era l’Ospedale del Cenisio. Anche Porto Maurizio, come detto, aveva alle sue spalle una strada Marenca (peraltro riprodotta ancora nel XVIII secolo in una Carta del suo “Atlante del Dominio di Genova da M. Vinzoni) e ad essa i tragitti dall’area susina potevano pervenire in contemporanea con quelli sul territorio ventimigliese. Al terminale meridionale di questa strada, sul mare, dovevano esservi degli ospedali a quanto segnalato per Ventimiglia: essi dovevano funzionare sia per commercianti, che per cavalieri e pellegrini. Nel caso di Porto Maurizio, su eventuali ospizi e sul porto, la documentazione in proposito più significativa non proviene però da documenti notarili, ma, come già detto in precedente occasione, dalla testimonianza riportata da una epistola di uno dei più grandi letterati italiani di tutti i tempi: Francesco Petrarca.

In genere, salvo che in casi specifici, si privilegiava la via di mare, data la particolare difficoltà dei tragitti terrestri (specialmente nella Liguria occidentale), dopo la rovina di grandi tratti delle antiche vie romane, causata dalle distruzioni operate dai barbari. Circostanza quest'ultima confermata anche da Dante, il quale, come Petrarca sperimentò, invece, come meglio praticabili i percorsi via terra verso la Francia rappresentati dal Nizzardo, che, ancor prima dell'avvento del potere sabaudo, era territorio naturalmente italiano e le cui genti appartenevano tradizionalmente alla famiglia italiana. Il problema dello stato delle vie di comunicazione, tuttavia, resterà a lungo (e resta tuttora) uno dei nodi irrisolti dello sviluppo di questa parte d'Italia.

Pierluigi Casalino

Redazione

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