Sanità - 25 novembre 2018, 07:00

È vero che l'acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di cancro?

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È vero che l'acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di cancro?

È vero che l'acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di cancro? 

È probabile ma non certo negli esseri umani. Studi con animali di laboratorio hanno dimostrato che l’acrilammide aumenta il rischio di sviluppare diversi tumori, a dosi molto più elevate di quelle comuni nell’alimentazione umana.

 

In breve

L’acrilammide è una sostanza utilizzata in diversi processi industriali e anche contenuta nel fumo di tabacco.

Si può formare nella cottura di alimenti che contengono amido (patate, biscotti, pane, eccetera) e nella tostatura dei cereali e del caffè, ma solo ad alte temperature.

Studi condotti con animali di laboratorio hanno dimostrato il legame tra l’aumento del rischio di sviluppare tumori e l’esposizione all’acrilammide, a dosi molto elevate. Negli esseri umani mancano studi sperimentali che possano confermare questo risultato.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’acrilammide tra i “probabili cancerogeni per l’uomo”, mentre l’EFSA (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare), pur dichiarando che il rischio è molto basso, invita a limitarne il consumo.

La scelta degli alimenti, la loro conservazione, la lavorazione e il metodo di cottura influenzano notevolmente la formazione di acrilammide e la successiva esposizione delle persone.

Come si forma l'acrilammide?

L’acrilammide è il risultato della reazione tra alcuni zuccheri e l’aminoacido asparagina, entrambi contenuti negli alimenti, in seguito a cotture a temperature molto alte, che in casa si possono raggiungere con la frittura, in forno o con la griglia per periodi prolungati.

 

Risale al 2002 il primo studio che dimostra come la cottura dei cibi sia in grado di generare acrilammide e come siano in particolare le alte temperature a causare la sua formazione. Quantità modeste di acrilammide si sviluppano anche nella cottura o tostatura di cereali, patate o caffè a temperature elevate.

 

Finora, negli esseri umani non sono state trovate associazioni tra l’esposizione alimentare e un aumento del rischio di cancro. Ciò nondimeno, per precauzione, i grandi produttori di cereali tostati (corn flakes e affini) o chips hanno ridotto la temperatura di preparazione onde evitarne lo sviluppo. Ovviamente, ciò non è possibile con le preparazioni casalinghe, per esempio le patate fritte, a meno di utilizzare una friggitrice a temperatura controllata.

 

Non è chiaro se ciò sia possibile anche per la tostatura del caffè. Peraltro, il caffè non viene consumato direttamente, come le patatine, ma è un infuso. Di conseguenza, i possibili livelli di esposizione sono ancora più bassi.

 

Nel 2016 l’EFSA ha cercato di stimare a quanta acrilammide alimentare si è esposti per tipo di cibo. Sulla tavola degli adulti i principali responsabili dell’assunzione alimentare di acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate (fino al 49 per cento dell’assunzione totale), seguiti dal caffè (34 per cento) e dal pane morbido (23 per cento).

 

Per i bambini e gli adolescenti la fonte principale di acrilammide è rappresentata, anche in questo caso, da prodotti a base di patate fritte (fino al 51 per cento), seguiti da dolci e pasticceria (15 per cento), pane morbido, biscotti e cereali da colazione; negli adolescenti in particolare anche patatine e snack (11 per cento). Nei più piccoli bisogna fare attenzione anche agli alimenti trasformati a base di cereali (fino al 14 per cento dell’esposizione).

 

È importante notare che questa sostanza si trova anche nelle sigarette, e infatti i livelli di acrilammide nel sangue dei fumatori sono da tre a cinque volte più elevati di quelli che si osservano nei non fumatori. È anche possibile entrare in contatto con l’acrilammide per motivi professionali, soprattutto in chi lavora in settori come la lavorazione della carta, l’industria tessile, la fonderia e le costruzioni.

 

Quali sono i rischi per la salute?

Dal primo studio pubblicato nel 2002, numerosi ricercatori in tutto il mondo hanno cercato di comprendere quanto la produzione di acrilammide attraverso la cottura e la lavorazione degli alimenti, e il successivo consumo, potessero influenzare la salute e il rischio oncologico in particolare.

 

Le informazioni oggi disponibili sull’argomento derivano da due i tipi di studi che hanno portato a risultati non del tutto concordanti. Le ricerche condotte in animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione all’acrilammide aumenta il rischio di tumore, ma si tratta di esperimenti condotti utilizzando dosi molto elevate del composto, cioè fino a 1.000-10.000 volte quelle assunte dalle persone con il cibo. Anche per questa ragione è difficile estendere agli esseri umani i risultati ottenuti con questi esperimenti.

 

Per quanto riguarda gli esseri umani, alla fine del secolo scorso l’acrilammide era stata associata a un aumentato rischio di cancro in lavoratori selezionati fortemente esposti alla sostanza, ma a dosi molto superiori a quelle alimentari. Per questo non si può affermare con certezza che l’esposizione all’acrilammide da alimenti faccia aumentare il rischio di cancro.

 

Una volta ingerito, l’acrilammide viene assorbito dall’intestino, distribuito a tutti gli organi e metabolizzato principalmente in glicidammide. Gli animali di laboratorio esposti all’acrilammide per via orale presentano una maggiore probabilità di sviluppare mutazioni genetiche, che favoriscono la comparsa del cancro, e proprio la glicidammide sembra esserne la causa più probabile.

 

L’acrilammide è anche una sostanza neurotossica, come hanno messo in luce alcune ricerche sui disturbi neurologici, ma anche in questo caso servono ulteriori prove prima di giungere a conclusioni definitive.

 

                                                                                  A cura di AIRC

 

 

 

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Roberto Pioppo

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